La mancata entrata in vigore della Plastic Tax, la tassa sul consumo di manufatti in plastica monouso impiegati per l’imballaggio delle merci e dei prodotti alimentari introdotta con la legge di bilancio del 2020, ha sottratto ingenti somme di denaro alle casse pubbliche nel periodo 2020-2023. Secondo un’analisi di Greenpeace Italia, si tratta di circa 1,2 miliardi di euro considerando la versione attuale della norma, che prevede una tassazione di 0,45 euro per ogni chilogrammo di prodotti in plastica monouso venduti, e superiore ai 6 miliardi di euro nel caso in cui si consideri la versione della Plastic Tax proposta in origine (1 euro per chilogrammo).
Scelte politiche miopi che costeranno ancora più care al sistema Paese, visto che per il solo 2021 l’Italia potrebbe essere costretta a versare all’Europa circa 800 milioni di euro calcolati sulla quantità di imballaggi in plastica che non siamo in grado di riciclare. Si tratta di aggravi che oggi pesano solo ed esclusivamente sulle casse pubbliche e che potevano essere in parte coperti dalla Plastic Tax italiana. Lo rileva il nuovo rapporto di Greenpeace Italia dal titolo “I posticipi della Plastic Tax. Come lo Stato ha favorito un settore industriale che continua a realizzare grandi profitti”, diffuso in anteprima dalla trasmissione televisiva Report nella serata di ieri su Rai 3.
Oltre a stimare le perdite di gettito fiscale generate dai numerosi posticipi della tassa, l’indagine di Greenpeace ha anche verificato, partendo dai dati ISTAT, lo stato di salute del settore degli imballaggi, che dovrebbe essere maggiormente interessato dalla nuova tassazione. L’indice di produzione industriale, il margine operativo lordo e la produzione industriale venduta indicano come il comparto degli imballaggi abbia fatto registrare tra il 2020 e 2023 ottimi risultati, nonostante la crisi economica innescata dalla pandemia. Una tendenza analoga a quella registrata dall’OCSE a livello globale.
«In questi anni abbiamo spesso sentito l’industria italiana lamentarsi per l’introduzione della tassa sulla plastica, paventando crisi, chiusure aziendali e perdite di milioni di posti di lavoro. I nostri dati dimostrano come questo teatrino non avesse alcun fondamento reale», dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. «Non solo l’industria gode di ottima salute, ma continua a fare enormi profitti a scapito di tutti noi: sono infatti a carico della collettività i costi derivanti dal mancato riciclo degli imballaggi in plastica in Italia, pari a circa 800 milioni di euro per il solo 2021».
Quanto evidenziato nel report di Greenpeace Italia fa emergere una situazione paradossale e che si dimostra in evidente contraddizione con le dichiarazioni del governo Meloni e del mondo industriale. Se da un lato, infatti, ambedue le parti dicono di volere puntare sul riciclo per ovviare alla crescente produzione di packaging in plastica, dall’altro si oppongono all’entrata in vigore della tassa pensata proprio per far decollare il mercato dei prodotti riciclati, visto che questi sarebbero esclusi dalla tassazione. Una questione ben nota a numerose nazioni (Spagna, Regno Unito, ecc.) che hanno già introdotto una forma di Plastic Tax per incentivare l’uso di plastica riciclata. L’introduzione di questo provvedimento, che in Italia è stata ulteriormente posticipata al 1° gennaio 2024, viene considerata non più rimandabile da importanti organismi internazionali (OCSE), non solo per realizzare una vera economia circolare, ma anche per ridurre l’inquinamento da plastica usa e getta. In Italia, invece, la Plastic Tax continua a essere rinviata, assecondando il volere di un’industria inquinante che continua a fare enormi profitti.