Work-life balance e flessibilità: per i consulenti di viaggio è la nuova normalità

Fare il lavoro che si ama vivendo dove si vuole, lavorando con grande flessibilità d’orario, è uno dei desideri più forti fra Millennials e Gen-Zers ed è una tendenza di cui chi si occupa di risorse umane deve sempre di più tenere conto. Non fa eccezione CartOrange, la più grande azienda italiana di consulenti di viaggio, che ha deciso di puntare proprio sull’opportunità di migliorare la qualità della vita per selezionare nuovi consulenti di viaggio, offrendo loro la possibilità di interpretare il ruolo di agente di viaggi in modo evoluto. «Questo vuol dire anche prescindere dall’agenzia fisica. E, soprattutto, avere più tempo per viaggiare, che è poi il fulcro della professione»: a precisarlo è Silvia Poli, Head of People and Culture di CartOrange, che rimarca l’importanza di offrire un approccio alla professione al passo con i tempi. «Purtroppo – continua sempre Poli – l’attività dell’agente di viaggio tradizionale è ancora eccessivamente associata all’idea del lavoro da ufficio con orari da rispettare, presenza nel luogo fisico e pochissima flessibilità. Un’idea che le nuove generazioni (soprattutto, ma non solo) rifiutano, come racconta il fenomeno delle “grandi dimissioni” a cui stiamo assistendo in questo periodo. È il sintomo evidente che i valori a cui le persone danno maggiore importanza sono cambiati: si cerca un lavoro che innanzitutto sia compatibile con le proprie esigenze personali, con i propri sogni, a volte anche se ciò penalizza gli aspetti economici.

Questo per CartOrange vuol dire anche supportare i consulenti che scelgono di vivere nei contesti che ritengono più adatti alle proprie inclinazioni e che consentano una qualità di vita migliore, in Italia e anche all’estero. «Non deve stupire questo binomio fra consulenza di viaggio e modo di lavoro “fluido” – continua Poli –. Da sempre la voglia di scoprire il mondo fa parte del Dna del nostro consulente ideale. Alcuni dei nostri consulenti storici già da anni approfittano di questa possibilità e raggiungono risultati eccellenti vivendo anche fuori dall’Italia. Ai collaboratori che si prefiggono questo obiettivo, offriamo percorsi ad hoc con formazione mirata e coaching che, dopo la necessaria esperienza e preparazione, rendono fattibile trasferirsi in un’altra città, magari in centri minori a contatto con la natura o addirittura all’estero, gestendo a distanza buona parte dell’attività. Tutti gli strumenti utilizzati dai consulenti CartOrange, del resto, sono già completamente digitali e quindi adatti a supportare questa scelta di vita».

Uno degli esempi più interessanti di questo approccio è costituito da Cristian Chirico, collaboratore di CartOrange da oltre vent’anni e più volte premiato fra i migliori consulenti dell’azienda. Padovano, 50 anni, Chirico dal 2014 vive a Minorca, tornando nella natìa Padova (dove nei primi anni di attività è stato fondatore del locale Travel Office CartOrange) solo quando necessario. «Con le tecnologie che abbiamo a disposizione si può lavorare come consulenti di viaggio anche da remoto – conferma –. Si può utilizzare qualsiasi canale per parlare con i clienti, le presentazioni si fanno in videochiamata: questa è ormai la normalità per la stragrande maggioranza delle persone, che quando organizzano un viaggio si aspettano un servizio smart e digitale».

Chirico è uno dei pionieri della consulenza di viaggio digitale. Trasferitosi con la famiglia a Minorca, alla ricerca di un contesto più “slow”, ha sperimentato per primo vantaggi e criticità dell’esercitare la professione anche a distanza. «All’inizio i colleghi lo ritenevano un azzardo: trasferirmi in una piccola isola poco collegata, non poter interagire di persona – racconta –. In realtà, da subito sono riuscito a seguire i miei clienti senza problemi: qualcuno, addirittura, non realizzava che mi trovassi alle Baleari, non faceva differenza».

Il maggiore vantaggio che Cristian Chirico ritiene di aver ottenuto con la sua scelta è quello di aver raggiunto un equilibrio tra lavoro e famiglia. «Quando ho deciso di trasferirmi cercavo una migliore qualità della vita sia personale, sia professionale – racconta il consulente –. Vivere in un luogo dai ritmi lenti, meno stressanti, e poter lavorare da casa ha avuto un impatto positivo sulla produttività, perché riesco a gestire meglio il tempo». Inoltre gli dà la possibilità di spostarsi ancora: «Al momento io e la mia famiglia siamo stanziali – prosegue – ma nulla mi impedisce di diventare un vero nomade digitale: se mia figlia tra qualche anno vorrà studiare altrove, oppure ci innamoreremo di un’altra destinazione, potremo spostarci. I miei clienti posso portarli con me ovunque».

Ma ci sono anche, come detto, delle sfide da affrontare. Per quanto la vita da nomade digitale sia diventata alla portata di più persone negli ultimi anni, Chirico ci tiene a sottolineare che non è per tutti. «Servono un progetto forte e il mindset giusto perché, anche se si vive in un luogo da vacanza, non si è in vacanza – spiega –. Bisogna imparare a organizzarsi le giornate, altrimenti si rischia di non centrare gli obiettivi che ci si è prefissati». Un altro aspetto da considerare è che le cose vanno fatte con i giusti tempi: «Quando ho fatto il “grande salto” non ero certo alle prime armi – precisa Chirico –. Avevo un giro di clienti consolidato e tanti anni di lavoro alle spalle. Oggi il percorso può essere sicuramente più veloce, ma prima di portare tutta l’attività dall’altra parte del mondo, a mio avviso, bisogna essersi fatti le ossa e fare tanta, tanta, tanta formazione».


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