Medici stranieri: non basta la certificazione delle regioni

“Se non ci fosse la legge Calabria, emanata recentemente proiettando la fine dell’attuale emergenza sanitaria al 31 dicembre 2025, un medico cubano o argentino – solo per fare degli esempi – che decidesse di venire a esercitare in Italia, essendo la laurea in Medicina da loro della durata solamente di cinque anni, dovrebbe fare un anno aggiuntivo con degli esami ulteriori, un esame di lingua per comprendere e farsi comprendere normalmente dai pazienti e dai colleghi, e in più abilitarsi nuovamente all’esercizio della professione. Fatto questo, potrebbe lavorare”. Lo ha detto il presidente dell’Ordine dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Roma, Antonio Magi, intervenendo alla trasmissione ‘Basta la salute’, condotta da Gerardo D’Amico, che andrà in onda oggi alle 20.30 su Rainews, in merito alla carenza di medici e infermieri in Italia e all’apertura da parte del ministro della Salute, Orazio Schillaci, all’arrivo di professionisti dall’estero. In particolare seguendo il percorso già avviato con i medici argentini e cubani, con 51 già al lavoro in Calabria.

“Oggi la legge che permette a questi colleghi di lavorare, legge che servirebbe per andare a coprire le carenze di medici presenti sul territorio nazionale, in realtà dà alle Regioni e non più al ministero la possibilità di certificare”, ha spiegato Magi. Ma le Regioni si avvalgono delle competenze degli Ordini professionali in questo iter? “Assolutamente no, secondo loro comunicando le certificazioni anche solo verbalmente sarebbero a posto- ha sottolineato il presidente dell’Omceo Roma- Noi però abbiamo detto loro quali sono i rischi che si corrono, per cui non iscriviamo all’Ordine professionale nella maniera più assoluta con questa procedura e il fatto che ce l’hanno comunicato, per quanto ci riguarda, non li mette in regola con l’Ordine dei medici”.

Di fronte a questo, ha aggiunto Magi, “i cittadini non sono per nulla tutelati, proprio per questo non li iscriviamo all’Ordine professionale. Il problema non è solo quello di essere certificati o di certificare i titoli, perché l’Ordine dei medici deve garantire che questi colleghi si aggiornino e conseguano tutti i crediti formativi necessari per dare una prestazione di garanzia. Devono essere assicurati, perché altrimenti non verrebbero pagate eventuali situazioni di infortunio. E poi c’è anche l’etica della professione, come si comportano questi colleghi? In maniera eticamente corretta o no? In questo modo, anche l’azione disciplinare dell’Ordine verrebbe meno. Tutto questo – come detto – implica secondo noi che il cittadino non è sufficientemente tutelato”.


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