Rosario Livatino: domenica la beatificazione del giudice martire

É di Papa Francesco che domenica 9 maggio lo eleverà all’onore degli altari, la prefazione al libro Rosario Angelo Livatino. Dal “martirio a secco” al martirio di sangue curato dall’arcivescovo di Catanzaro-Squillace Vincenzo Bertolone, postulatore della causa di beatificazione del “giudice ragazzino” (e di don Pino Puglisi). Edito da Morcelliana (pagg.192, euro 17), il volume riporta saggi rilevanti oltre che di monsignor Bertolone, del biblista Gaetano di Palma, dell’avvocato e giornalista esperto di mafia Gianpaolo Iacobini, dell’attuale presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, già procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone, del filosofo Pasquale Giustiniani, del vaticanista Fabio Luca Marchese Ragona.
I loro contributi, oltre ad offrire un profilo nitido del magistrato e martire ora Beato e la storia della causa di canonizzazione, ne affrontano diversi aspetti, la giustizia come traduzione operativa della fede e l’irreligione delle mafie, il contesto siciliano e la forza del laicato nell’isola, sino a scandagliare la figura di Livatino.
«“Picciotti, che cosa vi ho fatto?”, riuscì a domandare, prima che il suo viso da Gesù bambino, come lo definì un suo amico, fosse deturpato dai proiettili» – scrive qui Papa Francesco – «erano le parole di un profeta morente, che dava voce alla lamentazione di un giusto che sapeva di non meritare quella morte ingiusta». «Parole che gridavano contro gli Erodi del nostro tempo, quelli che, non guardando in faccia all’innocenza, arruolano perfino gli adolescenti per farli diventare killer spietati in missioni di morte», continua il pontefice. E ancora «Grido di dolore e al tempo stesso di verità, che con la sua forza annienta gli eserciti mafiosi, svelando delle mafie in ogni forma l’intrinseca negazione del Vangelo, a dispetto della secolare ostentazione di santini, di statue sacre costrette ad inchini irriguardosi, di religiosità sbandierata quanto negata».
Papa Francesco auspica che «il buon odore di Cristo che si spande dal corpo martirizzato del giovane giudice diventi allora seme di rinascita – come già avvenuto per alcuni dei suoi sicari e mandanti, oggi sulla via della penitenza e della conversione – per tutti noi, in particolare per coloro che ancora vivono situazioni di violenza, guerre, attentati, persecuzioni per motivi etnici o religiosi, e vari soprusi contro la dignità umana».

Il libro

Rosario Angelo Livatino. Dal “martirio a secco” al martirio di sangue

A cura di Vincenzo Bertolone SdP


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