TERZA DOSE DI VACCINO: L’IMPORTANZA E LA NORMALITA’ – I vaccini ci hanno permesso di superare una situazione di estrema gravità quale quella in cui ci aveva spinto la pandemia di Covid-19 nel 2020. Avendoli però sviluppati in poco tempo, la loro somministrazione è stata programmata in due dosi a intervalli di tempo ravvicinati. L’introduzione di una terza dose nelle ultime settimane ha suscitato timori e dibattiti, ma rappresenta l’esito naturale in cui si sviluppa una somministrazione vaccinale.
“La maggior parte dei vaccini ha bisogno di tre dosi, quindi ora stiamo solo ricorrendo alla vecchia regola vaccinale – spiega il Prof. Sergio Abrignani, Professore ordinario di Patologia Generale presso l’Università Statale di Milano e membro del Comitato Tecnico Scientifico – Tutti i nostri figli sono vaccinati contro numerose patologie come difterite, pneumococco, epatite B, tetano, meningococco B, poliomelite, sempre con tre dosi. La terza dose abitualmente si esegue a distanza di 6-8 mesi dalla seconda: è il classico iter per un soggetto che non è mai venuto a contatto con un determinato microorganismo. Diverso è invece il caso dell’influenza, il cui virus cambia ogni anno radicalmente. Gli unici vaccini che non hanno bisogno di tre dosi sono quelli a base di virus vivi attenuati, come i vecchi vaccini per il vaiolo e per la poliomelite o quelli che usiamo oggi per parotite, morbillo, rosolia, che replicano il virus senza provocare la malattia. Tutti gli altri vaccini si basano su un meccanismo di tre dosi: le prime due servono ad innescare la risposta, la terza prolunga la memoria immunitaria e genera una risposta anche nei soggetti più fragili. La copertura vaccinale con tre dosi su tutta la popolazione costituirà una risposta decisiva alla pandemia. Ciò non significa che non si faranno più richiami: anche per altri virus, come l’Epatite B, dopo alcuni anni è necessario fare una nuova somministrazione, ma sarà presumibilmente destinata al lungo periodo”.
OLTRE LA PANDEMIA: LE NUOVE MINACCE VIRALI E BATTERICHE – Covid, HIV, altre infezioni virali e batteriche sono i temi al centro dell’8° Congresso Internazionale AMIT – Argomenti di Malattie Infettive e Tropicali, presieduto dal Prof. Marco Tinelli, infettivologo e componente del Direttivo Nazionale della SIMIT – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, e dalla Prof.ssa Antonella Castagna, primario dell’Unità di Malattie Infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e Direttore della scuola di Specializzazione in Malattie Infettive e Tropicali presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Il Congresso si svolge giovedì 16 e venerdì 17 settembre a Milano presso Palazzo Castiglioni, con il patrocinio di Ministero della Salute, dell’ISS, della Regione Lombardia, di molte società scientifiche tra cui SIMIT, AMCLI, SITA, GISA, SIV e SIGOT.
TERZA DOSE DA SUBITO. NEL 2022 VACCINI ANCHE PER GLI UNDER 12 – La somministrazione della terza dose avverrà già nelle prossime settimane per i soggetti fragili, poi da gennaio interesserà il personale sanitario e a seguire le varie fasce d’età a partire dai più anziani, in modo da mantenere 10-12 mesi di distanza dalla seconda dose. “La somministrazione della terza dose parte solo ora perché prima vi era l’urgenza di completare una prima immunizzazione nel minor tempo possibile per arginare la diffusione del virus – aggiunge il Prof. Abrignani – Senza vaccini abbiamo viaggiato alla triste media di 15-18mila decessi al mese. Era urgente sviluppare vaccini che funzionassero subito, nonostante si sapesse che nel corso dei mesi sarebbe diminuita la risposta immunitaria. I vaccini a mRna sono stati una rivoluzione che ci ha consentito di avere in poco tempo uno strumento sicuro ed efficace. A breve sarà possibile estendere la vaccinazione anche agli under 12. Siamo in attesa dei risultati delle prove cliniche per la registrazione che dovrebbero arrivare tra ottobre e dicembre per Pfizer e Moderna, quindi realisticamente il prossimo anno potremo iniziare a vaccinare anche i bambini tra 0 e 11 anni in base alle decisioni politiche che verranno prese”.
INFEZIONI VIRALI E CONTRIBUTO ITALIANO ALLA RICERCA – “Come è stato rilevato dal G20 di Roma, c’è un mondo che deve essere vaccinato, contro il Covid-19 e non solo – evidenzia la Prof.ssa Castagna – Questi due giorni di Congresso AMIT costituiranno un significativo confronto tra infettivologi, virologi, igienisti, epidemiologi, internisti, geriatri su temi di assoluta rilevanza nell’ambito delle malattie infettive, come l’antibiotico-resistenza e le due grandi pandemie dei nostri giorni, il Covid-19 e l’HIV. Sarà un focus sui temi più rilevanti del momento, nonché un’occasione per un aggiornamento con relatori di eccellenza che permetteranno di delineare le posizioni scientifiche che potranno poi guidare l’impronta politica”.
L’HIV, L’ALTRA PANDEMIA PER CUI SI RICERCA UN VACCINO – Lo sviluppo della vaccinazione anti-Covid ha accelerato in generale la sensibilità anche nei confronti della vaccinazione contro altre infezioni virali, alcune già disponibili come la vaccinazione anti- herpes zoster, altre in fasi avanzate di sviluppo clinico, come quella nei confronti del virus respiratorio sinciziale e altre con un percorso più controverso quale il vaccino anti-HIV. “L’HIV rappresenta L’altra pandemia, che nel mondo conta 37 milioni di casi – sottolinea la Prof.ssa Antonella Castagna – Le terapie negli ultimi due anni hanno raggiunto risultati straordinari; sui vaccini i risultati restano controversi, ma il campo si sta arricchendo di molti dati. La spinta proveniente dai vaccini per il Covid-19 potrebbe però costituire il giusto stimolo per ulteriori progressi, sia per i vaccini per prevenire l’infezione da HIV, come quello dello studio Mosaico che ha da poco chiuso i suoi arruolamenti e su cui la comunità scientifica ripone grandi aspettative, sia sui vaccini terapeutici, che sono in una fase preliminare e potrebbero rappresentare un domani una possibile alternativa alla terapia antiretrovirale”.
LO STUDIO SIMIT SULLE INFEZIONI CHA PASSANO DALL’OSPEDALE AL TERRITORIO – La SIMIT ha sponsorizzato un importante studio per capire come alcuni batteri ad alta resistenza (come i Gram-negativi tipo Klebsiella pneumoniae) che avevano infettato pazienti anziani ricoverati in ospedale, dopo le dimissioni potessero colonizzare anche il territorio comprendente sia il domicilio che le RSA – Residenze Sanitarie per Anziani. Lo studio è stato concepito per capire perché e quanto una persona anziana dimessa e colonizzata dai batteri con elevata resistenza agli antibiotici, come appunto la Klebsiella pneumoniae, rimanga portatrice di questo microrganismo. Lo studio è andato avanti per due anni ed ha valutato in tre tempi (dopo 4, 8 e 12 mesi) dalla dimissione se questo microrganismo era o no ancora presente nelle feci dei pazienti considerati nello studio.
“Abbiamo rilevato che frequentemente molti dei pazienti over 70 presi in considerazione quando tornavano nella propria abitazione si negativizzavano in maniera naturale soprattutto dopo il quarto mese dalla dimissione – spiega il Prof. Tinelli. – Nelle RSA invece questi batteri resistenti permanevano anche per molti mesi. Inoltre, abbiamo notato che alcuni fattori di rischio come le infezioni delle vie urinarie specie dopo il posizionamento di un catetere vescicale e pregressi episodi di batteriemie (infezioni nel sangue) favorivano la persistenza di questi batteri a livello intestinale. Dobbiamo capire il perché, ma una ipotesi che crediamo plausibile è che a domicilio cambi la microflora ambientale e soprattutto quella intestinale, il cosiddetto microbiota, i batteri buoni che ostacolano il fenomeno della colonizzazione. Lo studio ha evidenziato, dopo approfonditi ed altamente sofisticati test di genotipizzazione (ovvero capire di preciso come sono fatti al loro interno) eseguiti presso Istituto Superiore di Sanità, quali nomi possiamo dare ai microrganismi isolati dalle feci dei pazienti che circolano in Italia: essi sono principalmente tre, i cloni chiamati ST307, ST101, ST512, peraltro piuttosto comuni. Nel 40% dei casi studiati i pazienti dimessi sono rimasti comunque sempre colonizzati da questi cloni anche per oltre quattro mesi. I pazienti colonizzati erano potenzialmente veicolo di questi batteri, altamente resistenti agli antibiotici, ed a rischio di trasmetterli ad altri pazienti fragili ed immunocompromessi. È pertanto sempre più necessario adottare nella cosiddetta “continuità di cura” dei pazienti che transitano in più ambienti sanitari e non (ospedali, RSA, abitazioni), una maggiore sorveglianza anche territoriale mediante dei test periodici di genotipizzazione per capire la reale diffusione e circolazione di cloni patogeni. Nel lavoro che presenteremo all’AMIT crediamo di avere fatto luce finalmente come è realmente la “dinamica” di questi batteri nel nostro Paese soprattutto nei pazienti anziani fragili”.