Due migranti su tre si infettano in Italia a causa delle loro condizioni di vita

Dalla XV edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, che si è tenuta a Bari dal 14 al 16 giugno, l’appello a contrastare, con formazione e informazione, un tema controverso: la popolazione migrante, infatti, non porta le infezioni direttamente dai loro paesi, nonostante luoghi comuni e pregiudizi. La letteratura, infatti, ci ha insegnato come, nel caso di positività all’Hiv, quasi 2 migranti su 3 (circa il 60%) in Europa abbiano acquisito l’infezione proprio nei paesi ospitanti.

“Nel dettaglio dell’HIV, si parla di 3,5-4% di prevalenza di positività, rispetto a una media nazionale dello 0,5% – spiega il Prof. Francesco Di Gennaro, Professore Associato Malattie Infettive e Tropicali, Università degli Studi di Bari Aldo Moro – A causare principalmente le infezioni sono le scarse condizioni di vita, (poor living conditions), in primis, povertà e sfruttamento, come le esperienze pugliesi del caporalato e dei ghetti ci insegnano.

Tra le altre infezioni prevalenti, occorre sottolineare i casi di sifilide, che raggiungono il 10-12% contro la media nazionale del 2%. Anche in questo caso, la più alta prevalenza è dovuta non a un contagio avvenuto nei loro paesi, ma alle condizioni di povertà in cui questi versano. Si tenga presente che si tratta di persone che sono stabilmente in Italia da almeno 36 mesi, per lo più giovani (con una mediana intorno tra i 24-35 anni), e provenienti da paesi africani quali Ghana, Nigeria, Mali, Guinea, Marocco e Tunisia, e asiatici, quali Bangladesh e Pakistan, per lo più addetti ai lavori nei campi.

Di base – prosegue il Prof. Di Gennaro – queste persone appartengono a servizi appartenenti a una bassa soglia del welfare, quindi per questo facilmente aggredibili da una serie di fenomeni sanitari. In conclusione, soprattutto grazie allo strumento dei test salivari, le attività degli screening sono diventate più semplici e accessibili. Al contempo, i migranti si dimostrano sempre più disponibili a tali monitoraggi, dimostrando quanto tengano alla loro salute e a quella altrui”.

LA XV EDIZIONE DI ICAR A BARI –ICAR https://www.icar2023.it/, punto di riferimento per la comunità scientifica in tema di HIV-AIDS, Epatiti, Infezioni Sessualmente Trasmissibili e virali, è organizzato sotto l’egida della SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, delle maggiori società scientifiche di area infettivologica e virologica e del mondo della Community. L’iniziativa si è tenuta a Bari dal 14 al 16 giugno presso l’Università degli Studi Aldo Moro: i presidenti sono la Prof.ssa Francesca Ceccherini Silberstein, Professore Associato di Microbiologia e Microbiologia Clinica, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”; Michele Formisano, vicepresidente nazionale NPS Italia e Presidente NPS Puglia; il Prof. Sergio Lo Caputo, Professore Associato di Malattie Infettive, Università di Foggia; la Prof.ssa Annalisa Saracino, Professore Ordinario di Malattie Infettive e Tropicali, Università degli Studi di Bari.

RICERCA, PREMI, SCUOLE – Alla XV edizione del Congresso ICAR erano presenti oltre mille tra specialisti e clinici, giovani ricercatori, infermieri, operatori nel sociale, volontari delle associazioni pazienti. Sono giunti ben 520 abstract, record assoluto nella storia di ICAR, mentre per il concorso RaccontART, dove i giovani raccontano la prevenzione, hanno partecipato ben 120 lavori. L’ambito formativo è stato valorizzato anche dall’assegnazione dei premi ai giovani ricercatori italiani con gli ICAR-CROI Awards, gli Scientific Committee Awards e i SIMIT Special Awards. Uno slancio ripreso dal titolo di ICAR “Dalla prevenzione alla cura: pronti per nuove sfide”. Tra i temi scientifici affrontati, oltre ad HIV/AIDS, anche SARS-CoV-2, epatiti, infezioni sessualmente trasmesse, infezioni emergenti, vaccini, infezioni nell’immunocompromesso, ma anche argomenti nuovi, come la salute delle persone transgender.


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