La sanità del futuro necessita di un nuovo modello. Uno spunto può venire dall’Emilia-Romagna, che a seguito del Decreto del Ministero della Salute del 10 Luglio 2007 ha istituito le cosiddette Case della Salute, strutture sociosanitarie a cui il cittadino può rivolgersi in ogni momento per trovare risposta ai propri problemi di salute, nonché trovare accoglienza e orientamento fra i servizi sanitari e sociali. Tuttavia, questo modello è rimasto incompleto, per il numero insufficiente di Medici di Medicina Generale e per una formazione incompleta. Limiti individuati con approccio propositivo dal Congresso della Regione Emilia-Romagna della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, denominato “Viaggio nella professione del Medico di Medicina Generale in Emilia Romagna. Attualità e prospettive fra gestione delle malattie croniche, formazione e ricerca”, che si tiene 10 e 11 giugno presso il Centro Servizi Didattici, Facoltà di Medicina e Chirurgia – UNIMORE, Largo del Pozzo, 71 Modena.
INIZIA IL PROCESSO DI TRANSIZIONE VERSO I NUOVI MODELLI E STANDARD DELL’ASSISTENZA TERRITORIALE – “Questo Congresso si svolge a pochi giorni dalla prima scadenza del PNRR” dichiara Claudio Cricelli, Presidente SIMG. “Apriamo dunque un primo confronto con la definizione e l’attuazione di “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza territoriale” che recepisce il cosiddetto “DM 71” con gli standard per l’assistenza territoriale. Per la prima volta vengono definiti degli standard comuni a tutte le Regioni, sotto la stretta sorveglianza dell’Agenas che presenterà presto una prima relazione semestrale. Il DM 71 innova rispetto a soluzioni già ampiamente sperimentate in questa Regione. Le CdS – Case della Salute costituiscono il riferimento storico, che ispira oggi le CdC – Case di Comunità. Tuttavia, questo modello trova declinazioni e sviluppi diversi proprio in funzione del nuovo DM 71, che ridefinisce di fatto le vecchie strutture del territorio introducendo alcune novità che dovranno portare ad una nuova formulazione evolutiva di strutture già esistenti. Il dibattito Congressuale proporrà dunque una PRIMA riflessione su un documento che traccia ma non scioglie affatto il nodo sull’inquadramento giuridico dei MMG e sulla articolazione della loro attività, dove è ancora in atto un confronto aperto tra Governo e Regioni. Occorre ricordare – conclude il Presidente – che proprio in Emilia-Romagna avverranno probabilmente le nuove sperimentazioni che porteranno alla transizione da CdS a CdC. Transizione che deve essere governata non solo sul piano negoziale, ma in particolare aprendo un confronto con le Società Scientifiche come la SIMG, che costituiscono nel nostro Paese i garanti della qualità professionale dei professionisti delle Cure Primarie”.
IL CONGRESSO DEI MEDICI DI FAMIGLIA DELL’EMILIA-ROMAGNA – Il Congresso regionale della SIMG prepara la gestione delle sfide della trasformazione del Servizio Sanitario e i nuovi modelli di cura. Si propone come programma e come promessa. “Abbiamo alcune parole chiave – spiega la dott.ssa Maria Stella Padula, Responsabile SIMG di Modena e docente di Medicina Generale presso l’Università di Modena e Reggio Emilia – Parliamo di “Viaggio” e di “Professione”, di gestione della cronicità come presa in carico nel Servizio Sanitario pubblico. Puntiamo sulla Ricerca per la valutazione della professione, per fornire dati e quindi valore e merito alle cure prestate dal MMG, e stimolo al miglioramento continuo dei professionisti. Altro punto strategico è la Formazione, intesa come il riconoscimento dell’identità della disciplina “Medicina Generale”, perché sia insegnata nel percorso di laurea, un passo già compiuto nel nostro ateneo ma non altrove”.
LE “CASE DELLA SALUTE” O “CASE DELLA COMUNITA’” TRA LIMITI E POTENZIALITÀ – Le attività realizzate nelle CdS sono articolate in aree integrate di intervento sulla base dell’intensità assistenziale. Sono previste prevenzione e promozione della salute; benessere riproduttivo, cure perinatali, infanzia e giovani generazioni; popolazione con bisogni occasionali-episodici; prevenzione e presa in carico della cronicità; non autosufficienza; rete cure palliative. Tra il 2009 e il 2019, in Emilia-Romagna, sono sorte 120 strutture su tutto il territorio, triplicate in 9 anni (erano 42 nel 2011): un trend che conferma la dinamicità del fenomeno. Uno studio dell’Agenzia sanitaria e sociale della Regione Emilia-Romagna sull’impatto di queste strutture sul territorio nel decennio 2009-2019 ha rilevato che dove c’è una Casa della Salute si riducono del 16,1% gli accessi al Pronto soccorso per cause che non richiedono un intervento urgente, percentuale che sfiora il 25,7% quando il medico di medicina generale opera al loro interno. Contemporaneamente, calano (-2,4%) i ricoveri ospedalieri per le patologie che possono essere curate a livello ambulatoriale, come diabete, scompenso cardiaco, BPCO broncopneumopatia cronica ostruttiva, polmonite batterica. Anche in questo caso l’effetto è maggiore (-4,5%) se presente il medico di medicina generale. In termini assoluti le Case della salute hanno consentito di prevenire ogni anno mediamente circa 6.300 accessi in Pronto Soccorso per motivi inappropriati; parallelamente, sono stati erogati 3mila servizi di assistenza domiciliare in più. Sempre stando ai dati del 2019, sono circa 1.900 i Medici di Medicina Generale che operavano nel territorio di riferimento delle Case della Salute, di cui oltre 500 a tempo pieno all’interno delle strutture. Erano 260 i Pediatri di libera scelta a lavorare nel territorio di riferimento. Queste strutture, inoltre, possono contare su circa 430 infermieri, 190 ostetriche, 60 assistenti sociali, a cui vanno aggiunti altri professionisti, come tecnici della riabilitazione, amministrativi, personale sanitario non medico e altro personale sanitario e tecnico. Eppure il meccanismo presenta ancora dei limiti da superare. “Il numero delle Case della Salute in questi anni è cresciuto, ma non altrettanto il numero di MMG e il livello delle competenze – evidenzia Maria Stella Padula – Queste strutture sono diventati luoghi dove prevalentemente si gestiscono malattie croniche. Auspichiamo che questi luoghi diventino realmente centri per la salute. Ancora dobbiamo dimostrare che rappresentino un modello efficace di sanità di prossimità. Proprio per questo, in occasione del nostro congresso vi sarà tra i relatori la partecipazione anche di pazienti cronici (diabetici, cardiopatici, ecc.) e di caregiver, per riportare esperienze di vita con la malattia, bisogni e proposte, analizzando la gestione a domicilio dei pazienti con demenze, malattie neurodegenerative e oncologiche”.
LE DOMANDE E I DUBBI DEI PAZIENTI E DEI CAREGIVER – Il coinvolgimento dei principali fruitori dei servizi erogati dalle Case di Comunità porta a far emergere le reali necessità del territorio. Questo emerge dal contributo di Linda Giugni, caregiver mamma di Emma, bambina di 11 anni, grave disabile. “Bisogna capire se veramente cambiare i luoghi di cura significhi anche migliorare la cura. Si deve lavorare a un solido rapporto medico-paziente, che si lega inevitabilmente anche al contesto di cura. È auspicabile che l’obiettivo non sia solo ridurre ricoveri e accessi in PS, ma anche offrire risposte in prossimità, con medici e infermieri a casa, nuove tecnologie e telemedicina” afferma Linda Giugni. “Serve dunque una campagna di informazione destinata ai giovani (scuole, università, centri di volontariato), dove si racconti chi è il Medico di Medicina Generale, quali sono le sue competenze, cos’è la prevenzione, cosa sono una ricetta medica o un’impegnativa, cos’è una Casa della Salute o l’ospedale di comunità, cosa sono “il territorio” o i servizi sociali” conclude Donato Zocchi, Segretario Regionale SIMG Emilia-Romagna.