Il problema della violenza di genere preoccupa 8 italiani su 10, che lo ritengono grave e urgente da affrontare. Gli italiani ne parlano molto, in primis in famiglia: quasi 8 su 10 lo fanno con i figli 14-18enni, 7 su 10 con il/la partner e i bambini/ragazzi dai dieci anni in su, ma meno di 4 su 10 ne parlano con i figli più piccoli (5-9 anni). C’è però la convinzione che la famiglia non basti: più di 9 italiani su 10 vorrebbero campagne di sensibilizzazione sulla violenza di genere nelle scuole. Un plebiscito con numeri quasi totalitari tra le donne (94%), ma assai elevati anche tra gli uomini (89%). Preoccupano tuttavia i numeri relativi ai maschi più giovani (18-24 anni), i meno sensibili al tema: se il 76% si è dichiarato favorevole, ben il 24% ha manifestato il proprio dissenso.
Quello che emerge dalla ricerca è che bisogna dare un’ulteriore accelerazione in prospettiva futura, andando oltre le campagne di sensibilizzazione finora realizzate, che per 4 italiani su 10 sono a volte retoriche, ripetitive e poco utili a incidere sul problema, per le quali ci sono comunque ampi margini di miglioramento quanto a impatto e incisività. La chiave di volta per cambiare prospettiva è parlarne con bambini e ragazzi “prima che sia troppo tardi”. Gli italiani già lo fanno a casa, soprattutto grazie ai più anziani, ma vorrebbero che venisse fatto anche a scuola: per il 91,6% servono campagne di sensibilizzazione da indirizzare a bambini e ragazzi e con l’inserimento (79,7%) dell’educazione all’affettività nei programmi scolastici.
Queste sono alcune delle evidenze emerse dalla ricerca di INC Non Profit Lab “Prima che sia troppo tardi. Educare i giovani all’affettività per contrastare la violenza di genere”, condotta da AstraRicerche, su un campione di italiani tra i 18 e i 75 anni, con il patrocinio di Rai Per la Sostenibilità – ESG.
In vista della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne (25 novembre), i risultati sono stati presentati presso la sede Rai di Viale Mazzini.
“La ricerca ci dice tante cose – spiega Paolo Mattei, Vicepresidente di INC – ma a me preme sottolinearne tre. La prima è che il problema non è rimosso, è percepito come grave da parte di 8 italiani su 10 e da risolvere con urgenza prioritaria. La seconda evidenza forse è meno scontata. I nostri connazionali pensano che a differenza del passato dobbiamo dialogare soprattutto con bambini e adolescenti, sensibilizzandoli, prima che sia troppo tardi, anche attraverso l’educazione affettiva – materia da introdurre nei programmi scolastici – al rispetto dell’altro. Una forma di “educazione preventiva dell’anima”, come la definisce il filosofo Umberto Galimberti. Mentre, riguardo alle campagne di sensibilizzazione sul tema da fare nelle scuole, colpisce che i genitori confermino che non è mai troppo presto per farlo, visto che accetterebbero messaggi di questo tipo anche per i figli under 14 e già dai 5 anni. Infine, terzo aspetto, la ricerca fa risuonare un campanello d’allarme per i maschi di età compresa tra i 18 e i 24 anni, che, a differenza delle loro coetanee, sembrano i meno informati e sensibili sul tema”.
VIOLENZE DI GENERE: UN’EMERGENZA DIFFUSA PER L’80% DEGLI ITALIANI
L’80,8% degli italiani – come risulta dalla ricerca dell’INC Non Profit Lab “Prima che sia troppo tardi”, realizzata da AstraRicerche – è consapevole che quella dei cosiddetti “femminicidi” è un’emergenza diffusa: per circa 7 su 10 il problema va affrontato con urgenza prioritaria, ma con una significativa differenza tra le donne (8 su 10) e gli uomini (6 su 10). In generale, la consapevolezza dell’urgenza aumenta con l’età. Colpisce però, in particolare, la bassa adesione tra i ragazzi 18-24enni: meno di 4 su 10.
MEDIA E COMUNICAZIONE: UN IMPEGNO CHE DA SOLO NON BASTA PIÙ
Tutto il mondo della comunicazione è coinvolto da anni nella sensibilizzazione contro le violenze di genere. Tanto che più di 8 italiani su 10 ricordano di aver visto negli ultimi sei mesi campagne di comunicazione sulla violenza di genere. Però, un po’ meno della metà degli intervistati boccia le attuali campagne giudicandole “troppo retoriche, poco concrete”, “poco utili a generare un effettivo cambiamento in chi pratica o potrebbe praticare violenza psicologica o fisica”. A livello anagrafico, si dichiarano più “assidue” all’argomento le persone sopra i 55 anni di età, mentre i più disattenti sono i maschi 18-24enni.
“”Negli ultimi anni abbiamo visto tante campagne di sensibilizzazione contro la violenza di genere, in Italia e nel mondo. – commenta Pasquale De Palma, Presidente di INC – Belle campagne, ad alto tasso di creatività, con immagini e linguaggi forti ed espliciti. Ma la sensazione, confermata anche dalla nostra ricerca, è che oggi per generare un cambiamento significativo nei comportamenti di abuso e violenza serva un cambio di paradigma anche nella comunicazione. Serve educare bambini e i ragazzi, ‘prima che sia troppo tardi’, e senza differenze di genere. E spostare l’obiettivo, perché oggi più che mai è fondamentale educare i giovani all’affettività, come antidoto alla violenza. Sarebbe bello che questa nostra riflessione sulla violenza di genere agisse da stimolo per dare vita a una campagna sull’affettività che abbia la scuola come principale canale e mezzo di comunicazione. Una campagna che raccolga il meglio del pensiero sull’affettività e lo racconti con la capacità di sorprendere e riflettere che solo la migliore comunicazione sa fare”.
Nonostante la netta percezione dell’importanza del problema, 6 italiani su 10 dicono che è ancora in parte sottovalutato, perché più grave e diffuso di quanto emerga dai media. Questa convinzione è molto più forte tra le donne (68%) che tra gli uomini (54%), con una differenza particolarmente marcata nella fascia d’età tra 18 e 24 anni: ben l’84% tra le prime, solo il 45% tra i secondi.
“L’informazione pubblica ha imparato a tenere alta l’attenzione sul fenomeno. – ricorda Roberto Natale, Consigliere di Amministrazione RAI, fino a poche settimane fa Direttore di Rai Per la Sostenibilità-ESG – Si sono consolidati nel palinsesto Rai titoli che stabilmente ci ricordano l’inaccettabilità di questi numeri e che aiutano tante donne a trovare il coraggio per denunciare: come dimostrano i picchi di chiamate al 1522 dopo alcune nostre trasmissioni. Parallelamente si è fatta più continua e coerente l’azione per affermare in positivo il ruolo delle donne, per praticare concretamente la parità nei media di servizio pubblico. È un impegno che coinvolge le reti generaliste come quelle tematiche, compresi i canali per bambini e ragazzi, che sono il target più prezioso, se l’obiettivo è quello di smontare i pregiudizi già da quando ci si trova sui banchi di scuola”.
L’EDUCAZIONE AFFETTIVA COME MATERIA DI STUDIO
Per 8 italiani su 10 è opportuno far diventare l’educazione all’affettività una materia di studio nel corso scolastico di bambini e adolescenti (79,7%). I temi a cui dare priorità sono quattro: come riconoscere i segnali della violenza di genere (72,6%), come superare gli stereotipi di genere (48,1%), come affrontare il tema della rabbia (45,6%) e quello dei rapporti sentimentali e amorosi (40,1%).
In ogni caso il compito di trasferire educazione su questo tema resta per il 65,5% del campione anche in capo alla famiglia, ma per il 61% degli italiani dovrebbero essere demandata ai docenti e, con percentuali minori, alle Istituzioni locali, ad altre figure estere di riferimento, come alcuni specialisti (medico, psicologo, sessuologo) e alle organizzazioni non profit attive sul territorio.
IL TERZO SETTORE PRONTO A COGLIERE LA SFIDA
Gli italiani attribuiscono alle organizzazioni non profit un ruolo nell’educazione all’affettività e vedono per loro ampi margini di crescita: quasi 8 su 10 (76,1%) si aspettano un Terzo Settore ancor più attivo in questo ambito e ritengono che l’attività del non profit sul tema sia imprescindibile (61,9%).
Un’attestazione di fiducia ma anche una sfida, che il Terzo Settore è pronto a cogliere: per l’89% del campione non profit, il compito di fare campagne di sensibilizzazione spetterebbe proprio alle organizzazioni, prima che alla scuola e alle istituzioni. Sul proprio ruolo sussidiario, il Terzo Settore non ha dubbi: l’attività delle organizzazioni contro le violenze di genere è imprescindibile perché famiglia e istituzioni non sempre riescono a svolgere al meglio tale compito (75%) e in futuro il non profit dovrà essere ancor più attivo nell’educazione all’affettività (89%). Senza nulla togliere però al ruolo della scuola: chi opera nel Terzo Settore è a favore di campagne scolastiche sul tema (91,6%) e all’inserimento dell’educazione all’affettività tra le materie di studio (79,6%). 6 enti su 10 pensano che si debba cominciare dai bambini di 5-9 anni (60% vs 46,9% della popolazione), focalizzando l’attenzione sul superamento degli stereotipi (75% vs 48,1% della popolazione) e su come donne e uomini sono oggi rappresentati in film, pubblicità, media, web e social (42% vs 15,7% della popolazione).