Una scuola innovativa deve essere equa, ossia capace di dare a ognuno gli strumenti per realizzare un proprio progetto di vita, nel rispetto e nella valorizzazione delle differenze individuali. Innovare la didattica non significa tanto, quindi, ricercare una nuova metodologia o un nuovo strumento, quanto accrescere la qualità dei processi educativi che la scuola promuove.
Il Convegno Didattiche.2024, giunto quest’anno alla quinta edizione e in programma al Palacongressi di Rimini il 15 e 16 novembre, sarà l’occasione per riflettere sui molteplici significati dell’innovazione e della promozione di una didattica efficace per tutti e tutte: due giornate intense, ricche di proposte per insegnanti, dirigenti scolastici, pedagogisti, educatori e per tutti coloro che operano all’interno del contesto scolastico, tra incontri, sessioni plenarie, question time e oltre 45 laboratori e 160 tavoli operativi.
Tra i temi affrontati, questioni di più stringente attualità: l’intelligenza artificiale, l’educazione sessuale e affettiva a scuola, l’importanza di una scuola decoloniale, antirazzista e intersezionale per educare a un’Italia multiculturale, le questioni di genere, il benessere del corpo docente e gli spazi di coinvolgimento delle famiglie.
Tra gli incontri, un appuntamento con il grande scrittore e insegnante Daniel Pennac, che racconterà la “sua” scuola, e uno con la Professoressa Daniela Lucangeli sul tema del «Sapere, saper fare e saper essere: oltre quello che sappiamo già».
In occasione della 5ª edizione del Convegno, la Ricerca & Sviluppo Erickson ha lanciato un sondaggio nazionale per indagare “Come si insegna oggi nella scuola italiana?”.
Il questionario è stato rivolto al personale docente di tutti gli ordini e gradi e ha raccolto 1.965 risposte. Questo grande campione consente ora di ricostruire lo stato di un contesto sfuggente, dando risposta a domande come: è opinione comune che la didattica frontale sia la metodologia più utilizzata, ma è davvero così? Quant’è grande la differenza nelle pratiche didattiche tra gli ordini di scuola? C’è differenza tra docenti giovani e docenti con più anni di esperienza?
Il 70% del campione dichiara di usare ancora la didattica frontale nella maggior parte delle sue lezioni, a fronte di pochissimo utilizzo della didattica aperta, metodologia che il Centro Studi Erickson sostiene per il pregio di saper valorizzare le differenze personalizzando l’apprendimento: solo il 13% dichiara di utilizzarla nella quotidianità e addirittura il 21% dichiara di non conoscerla.
Simile risultato per la didattica in contesti reali, usata con frequenza solo dal 12% del campione. Infine, in linea con gli investimenti governativi, 1 su 2 dichiara di usare la tecnologia almeno in buona parte delle lezioni.
Buona, invece, la diffusione dell’uso del peer tutoring – metodo didattico in cui uno studente più esperto aiuta un compagno di classe a migliorare le proprie competenze – e della didattica laboratoriale: 1 su 2 dichiara di usarle frequentemente nella pratica didattica.
Permangono enormi differenze tra i gradi scolastici, con le scuole secondarie (I e II grado) che continuano a utilizzare prevalentemente le metodologie tradizionali di didattica frontale o di lavoro e studio individuale tramite i libri scolastici. L’analisi dei trend rileva un netto calo col crescere del grado scolastico in tutte le metodologie didattiche attive. Lo stesso accade per la codocenza inclusiva (co-progettazione, co-conduzione, co-valutazione), che viene svolta quotidianamente solo dal 17% del campione, con un netto calo nelle scuole secondarie.
Durante il convegno verrà presentato approfonditamente l’insieme dei risultati, analizzati sia a livello descrittivo che inferenziale, provando a elaborare modelli che possano spiegare il complesso intreccio che sta dietro alla preferenza di utilizzo di una specifica metodologia didattica.