Come migliorare il riposo del bambino e il benessere dei genitori

L’arrivo di un figlio è un evento tanto gioioso quanto profondamente trasformativo, sia per l’individuo che per la coppia. Catapultato in una dimensione sconosciuta, il neo-genitore si trova di fronte a una moltitudine di nuove sfide e difficoltà. Una di queste è sicuramente la rinuncia a godere, almeno per i primi mesi, di un sonno continuativo e di qualità. Come madri e padri, si pensa di essere pronti a tutto per un figlio ma, privarsi di ore di sonno e adattare il proprio bioritmo a quello del bambino è qualcosa che, per molti, può apparire come uno scoglio davvero insormontabile. Abituati a lunghe notti di riposo indisturbato, ci si ritrova, infatti, a sperimentare un sonno discontinuo, fatto di frequenti risvegli e interruzioni.

Genitorialità e sonno: come cambiano le notti quando arriva un figlio.

Per mantenere uno stile di vita sano, un adulto necessita di dormire quotidianamente tra le 7 e le 9 ore. Studi recenti hanno però stimato che, durante il primo anno dalla nascita di un figlio, la maggioranza dei genitori perda in media almeno 3 ore di sonno ogni giorno, l’equivalente di 133 notti, più di un terzo del riposo di cui si dovrebbe godere in un anno.

“Diventare genitori è un’esperienza unica e meravigliosa che porta con sé tanti cambiamenti, alcuni anche molto drastici. Ci si ritrova, infatti, a fare i conti con tutte quelle difficoltà che derivano dal doversi lasciare alle spalle molte delle abitudini che caratterizzavano la propria vita precedente per proiettarsi in una nuova fase, fatta di gioia ma anche di tante rinunce, sfide e incertezze. Sono molteplici i fattori che possono generare ansia e stress in un neo-genitore: il timore di non essere all’altezza, l’incapacità di comprendere il neonato e le sue richieste nei primi tempi, la stanchezza fisica della madre in seguito al parto, le difficoltà che possono insorgere all’inizio dell’allattamento e la carenza di sonno. Quest’ultimo elemento, poi, influenza profondamente tutta una serie di altri aspetti, quali umore, energia, voglia di fare, positività e manifestazioni di dolcezza verso il bambino”, ha commentato la Dott.ssa Valeria Fiorenza Perris, Psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo, servizio di psicologia online leader in Italia.

Privazione di sonno: cosa comporta?

Nel breve termine, privarsi del sonno può portare a cattivo umore, irritabilità, difficoltà a concentrarsi, perdite di memoria, stanchezza cronica, alterazione della capacità decisionale, calo di interesse per le attività quotidiane e difficoltà nei rapporti sociali. Questi effetti possono scomparire con una ripresa regolare del ritmo del sonno. Rinunciare a dormire bene sul lungo periodo può, invece, avere delle conseguenze ben più preoccupanti, come ipertensione, obesità, diabete, ictus e infarto. Inoltre, si ha maggiore propensione a sviluppare patologie della mente quali stress, ansia, depressione e paranoia, nonché l’invecchiamento precoce del sistema nervoso. A essere maggiormente esposte a questi rischi sono soprattutto le madri.

“Ogni neo-genitore, soprattutto se al primo figlio, affronta un saliscendi di emozioni continuo nel quale, spesso, è la stanchezza a farla da padrona. I neonati richiedono attenzioni pressoché costanti: necessitano di mangiare ogni paio d’ore e di essere cambiati con la stessa frequenza. Come madri o padri, ci si sente in dovere di dedicare ogni momento ed energia a soddisfare i bisogni del bambino. È importante, però, ricordarsi anche delle proprie esigenze e non metterle mai completamente da parte, soprattutto per ciò che concerne il sonno”, ha aggiunto la Dott.ssa Valeria Fiorenza Perris.

Conoscere il sonno dei bambini per viverlo al meglio.

Un primo passo da compiere per poter affrontare al meglio il momento della nanna, è conoscere la fisiologia del sonno infantile. Le esigenze di sonno dei bambini sono molto diverse rispetto a quelle degli adulti e variano a seconda dell’età. I neonati dormono per gran parte del tempo, solitamente circa 15-20 ore al giorno. Il ciclo di sonno di un neonato è però molto breve e mediamente dura 50 minuti, contro i 90-120 dell’individuo adulto. Inoltre, mentre gli adulti hanno imparato a ignorare il breve risveglio tra un ciclo del sonno e il successivo, i neonati tendono a svegliarsi e hanno bisogno di più tempo per riaddormentarsi.

Nei bambini, i momenti di passaggio dalla fase di sonno calmo e profondo (non REM) a quella di sonno leggero e con intensa attività cerebrale (REM) sono molto frequenti. Alla nascita, la percentuale di sonno REM e NREM è quasi sovrapponibile ma, col tempo, la fase REM decresce. Soltanto al terzo mese di età questi due stadi diventano definiti e si iniziano ad avere fasi di addormentamento e di sonno più profondo. Per questo, prima di allora, il neonato ha difficoltà a dormire profondamente.

Sempre fino al terzo mese di vita, i bebè non secernono in modo stabile la melatonina, l’ormone che permette al nostro corpo di riconoscere e stabilizzare i ritmi di luce/buio. La melatonina inizia a prodursi a partire dal quarto mese di vita e generalmente ha un picco tra le h18:00 e le 22:00.

Non seguendo gli stessi ritmi circadiani degli adulti, i neonati presentano un’alternanza sonno-veglia piuttosto irregolare. Col tempo, la durata dei singoli risvegli si riduce progressivamente fino a diventare di pochi secondi e il bambino impara pian piano a riaddormentarsi in modo autonomo. È, pertanto, fisiologico che i risvegli notturni si verifichino per i primi tre anni: la loro presenza è, infatti, parte del processo di crescita e contribuisce al corretto sviluppo del sistema nervoso del bambino.‍ Il sonno è una conquista e, come tale, dovrebbe avvenire gradualmente, in modo autonomo e nel pieno rispetto dei tempi di ciascun bambino.

Alcuni consigli pratici per migliorare il sonno del bambino e il benessere dei genitori.

Ciascun bambino è diverso, per questo non esistono metodi infallibili capaci di adattarsi a tutti. Ci sono, però, alcuni accorgimenti che possono contribuire a migliorare la qualità del sonno e il benessere dei più piccoli e dei loro genitori.

Per prima cosa, è importante curare l’igiene del sonno non solo del bambino, ma di tutta la famiglia. Non cenare tardi, andare a letto sempre allo stesso orario in settimana, evitare l’uso di TV e dispositivi digitali prima di dormire, far sì che la camera da letto sia accogliente e rilassante: queste sono alcune delle regole d’oro che permettono di riposare bene.

È bene anche non sovrastimolare il bambino durante la giornata e non farlo agitare prima della nanna con corse o giochi, ma favorire rituali che facilitano il rilassamento, come abbassare le luci, leggere fiabe ed eliminare tutto ciò che potrebbe catturare la sua attenzione.

Che sia in culla o nel lettone, durante i primi mesi di vita del bambino il co-sleeping, o sonno condiviso, può essere un’ottima soluzione sia per il bebè che per i genitori. Il co-sleeping è molto diffuso nelle culture orientali e africane e, negli ultimi anni, sta prendendo piede anche in Occidente, dove si sta riscoprendo l’importanza del contatto tra genitore e neonato. Questa pratica permette una migliore gestione dei risvegli notturni: la vicinanza rassicura il neonato, facendolo riaddormentare più velocemente, e consente, inoltre, ai genitori di intervenire rapidamente e altrettanto rapidamente tornare a letto, riuscendo così a dormire meglio e più a lungo.

Una delle critiche spesso mosse al co-sleeping è che il bambino possa sentirsi viziato e crescere come un individuo insicuro e dipendente. In realtà, queste convinzioni non hanno un fondamento scientifico e, nonostante oggi l’argomento sia ancora molto dibattuto, psicologi e pediatri sembrano essere d’accordo sul fatto che dormire insieme ai genitori non costituisca un vizio, bensì un istinto naturale del bambino. Soddisfarlo non mette a rischio né la sua autonomia né l’indipendenza. Si potrebbe, anzi, affermare il contrario: dormendo nella stessa stanza, il neonato apprende che i genitori sono pronti ad accorrere qualora ne avesse bisogno, sentendo un senso di sicurezza interiore. Più verrà accolto questo suo desiderio di protezione e dipendenza quando è piccolo, più facilmente il bambino svilupperà una propria indipendenza e potrà diventare autonomo da adulto.

Se il piccolo fa fatica ad addormentarsi o se si verificano i risvegli notturni, è consigliabile non lasciarlo a piangere con metodi di estinzione, nella speranza che impari a dormire da solo. È, infatti, ampiamente dimostrato dalla ricerca che queste tecniche di addormentamento siano fonte di grande stress per i genitori e vengano vissute dal bambino come esperienze negative e spaventose che, al contrario di quanto si possa credere, potrebbero portarlo in futuro ad essere meno propenso a divenire autonomo.

Infine, è fondamentale osservare il proprio bambino per identificarne i bisogni e comprenderne i ritmi. Non esistono regole o manuali con soluzioni preconfezionate, pertanto, ciascun genitore deve lasciarsi guidare dal proprio istinto, dalle proprie capacità e da ciò che il bambino comunica. I veri esperti dei figli sono, infatti, i genitori stessi. Nessuno, più di loro, sa cosa è meglio per il benessere del proprio piccolo.

Come gestire la privazione di sonno?

Per evitare che la carenza di sonno e l’alterazione dei ritmi del riposo notturno vadano a interferire con un corretto funzionamento fisico, mentale ed emotivo, è necessario che, oltre a rispondere ai bisogni del proprio bambino, il neo-genitore si prenda anche cura di sé.

“Il ciclo sonno-veglia nei neonati è fisiologicamente differente rispetto a quello degli adulti. Essere svegliati frequentemente durante la notte può risultare molto stancante, sia per le mamme che per i papà. Specialmente durante le prime settimane, è importante approfittare dei momenti di sonno del bambino per riposare, resistendo alla tentazione di occuparsi delle faccende domestiche o di altre incombenze non strettamente necessarie. Concedersi un power nap, ovvero un pisolino breve ma profondo, contribuisce a ridurre i livelli di stress e ridona energia. È importante anche non aver timore di dire di no quando non ce la si sente di fare qualcosa e di chiedere aiuto, ove possibile, al proprio partner, ai familiari o agli amici più stretti. Non c’è niente di male ad affidare il proprio bambino per qualche ora alle cure di persone fidate, anzi, ciò deve essere vissuto come un’occasione preziosa non solo per recuperare il sonno perduto, ma anche per dedicarsi a tutte quelle attività quotidiane che possono risultare difficoltose da svolgere quando si ha un figlio piccolo oppure per concedersi un momento di svago e ritrovare così una condizione di benessere e serenità. È essenziale, infatti, che i genitori non perdano mai il contatto con sé stessi e rimangano ricettivi verso quelli che sono i propri bisogni individuali e di coppia. Così facendo sarà più semplice evitare alti picchi di stress che potrebbero portare a un’esplosione a livello personale o relazionale, ad esempio con il partner”, ha dichiarato la Dott.ssa Valeria Fiorenza Perris, Psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo.

Diventare genitori: un’esperienza unica.

“Fondamentale è, infine, non sentirsi mai diversi o sbagliati nel proprio modo di essere genitori. Ogni esperienza di genitorialità è unica, ed è un percorso pieno di gioie e soddisfazioni, ma anche di dubbi, domande, incertezze, e paure. Troppo spesso le mamme e i papà sono condizionati da un’immagine idealizzata e modelli irrealistici che, anziché prepararli a considerare la transizione alla genitorialità come ad una fase esistenziale, possono portarli a uno stato di confusione, ansia o profonda incertezza. Per affrontare questo percorso al meglio, è importante che i genitori possano contare sia su un ambiente familiare che su un contesto sociale capaci di dare loro quella serenità e sicurezza necessarie per svolgere al meglio il proprio compito. C’è un proverbio che recita ‘per crescere un figlio ci vuole un villaggio’: ecco, oggi più che mai abbiamo bisogno di coltivare l’empatia e riscoprire il senso di comunità e di sostegno reciproco.

Sempre nell’ottica della costruzione di una solida rete di sostegno, i genitori possono decidere di affidarsi a un professionista con cui intraprendere un percorso psicologico. Unobravo, ad esempio, offre terapie online con psicologi e psicoterapeuti specializzati in tematiche legate all’ambito relazionale e familiare. Questi percorsi possono essere affrontati sia in coppia che dal singolo genitore e si configurano come una risorsa preziosa per tutti coloro che si trovano ad affrontare la genitorialità. Una maggiore consapevolezza è, infatti, essenziale affinché sia il genitore che il bambino possano essere pienamente ‘in salute’ e pronti a muovere i loro primi passi nel mondo”, ha concluso la Dott.ssa Fiorenza Perris.


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