Nel 2022 il tumore del colon-retto si è confermato in Italia al secondo posto tra i tumori più diffusi e il più comune dell’apparato digerente. È anche la seconda causa di morte per tumore sia negli uomini sia nelle donne con un totale di 20 mila decessi l’anno.
Purtroppo, la pandemia ha causato un aumento della mortalità nei pazienti oncologici determinando nel 2020 un calo di nuove prognosi, in parte legato all’interruzione degli screening oncologici preventivi e in parte dovuto al rallentamento degli esami necessari a fini terapeutici in caso di malattia conclamata.
Lo screening colo-rettale ha risentito pesantemente del periodo pandemico con una riduzione di oltre il 50% dei soggetti che hanno effettuato il test di indagine primaria (ricerca del sangue occulto nelle feci) sul totale degli aventi diritto, passando dal 34% al 17% nel 2020, con un gradiente Nord-Sud del Paese già presente anche in epoca pre-pandemica.
Su questo fronte, l’Italia infatti non è uniforme: nelle regioni più virtuose per la prevenzione (Nord e Centro), lo screening del carcinoma colorettale in pochi anni si è dimostrato in grado di ridurre l’incidenza del tumore di oltre il 20% e della mortalità specifica di oltre il 30% ma in alcune regioni al Sud non è nemmeno attivo.
La prevenzione è senza dubbio lo strumento più efficace, perché permette di individuare e rimuovere i polipi prima che degenerino o di fare diagnosi precoce, permettendo d’intervenire prima che la situazione si aggravi, ma serve un’alleanza medico-paziente forte, che induca la popolazione a capire fortemente l’importanza di un approccio preventivo con gli screening di massa periodici.
“Stiamo parlando di un programma che interessa la popolazione residente in Italia di età compresa tra i 50 e i 70 anni pari a circa 5 milioni di individui. – spiega Marco Soncini Presidente AIGO, Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Digestivi Ospedalieri e Direttore Dipartimento Area Medica ASST Lecco – I cittadini vengono invitati dal proprio medico di famiglia a ritirare generalmente in farmacia il flaconcino per la ricerca del sangue occulto fecale e in caso di positività ad effettuare la colonscopia. Questo esame, in grado di studiare tutto il colon in modo accurato, permette non solo di effettuare una diagnosi ma anche di intervenire asportando lesioni pre-neoplastiche o in fase precoce di malattia”.
Le persone viventi oggi in Italia dopo una diagnosi di tumori del colon retto sono oltre 500.000, la percentuale di guarigione è significativa con sopravvivenza fino al 90% dei casi, frutto spesso di una diagnosi tempestiva.
Serve quindi recuperare il tempo perduto e i ritmi prepandemici dell’attività ospedaliera di indagini e interventi. “Tra le azioni principali che il Sistema Sanitario deve introdurre per recuperare l’attività clinica non evasa e intercettare fasi precoci di malattia, – prosegue Soncini – quella della riattivazione a pieno regime delle attività di screening appare senza dubbio la più urgente. Queste considerazioni sostengono l’importanza di una indagine come quella rivolta al cancro del colon retto che è una grande opportunità messa a disposizione dal nostro sistema sanitario nazionale. I cittadini che ricevono l’invito ad aderire a questa iniziativa – ammonisce infine il Presidente dell’AIGO – dovrebbero fare serie riflessioni e non gestirlo in modo superficiale, e in caso di dubbi o perplessità rivolgersi al proprio medico prima di declinare l’invito confidando sui buoni auspici della sorte”.
Ricordiamo anche che comportamenti e abitudini hanno, nel caso della prevenzione del tumore del colon-retto, un ruolo di primo piano poiché tra i fattori di rischio certi vi sono una dieta poco sana (con eccesso di carni rosse, insaccati, farine e zuccheri raffinati e povera di frutta e verdura e quindi di fibre), il sovrappeso, la scarsa attività fisica, l’eccesso di alcol e l’abitudine al fumo.