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Esplorare il punto di vista maschile sulla discriminazione e l’equità di genere

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L’altra metà del cielo è sempre più azzurra. Ma, in questo caso, non è certo una buona notizia. La survey “LUI – Lavoro, Uomini, Inclusione” realizzata da Fondazione Libellula ha intervistato oltre 2mila uomini lavoratori esplorando la percezione e le esperienze del genere maschile rispetto alla discriminazione e all’equità di genere nel mondo professionale e nella vita familiare. I risultati dello studio non sono incoraggianti sulla maggior parte degli aspetti ricercati e viene evidenziata la necessità di un cambiamento culturale e strutturale per garantire maggiori opportunità e rispetto alle donne per arrivare a una equità di genere ampiamente condivisa. I dati più preoccupanti emergono dalla percezione della violenza di genere: sebbene si stia parlando sempre più spesso di questa tematica mettendola in primo piano sui principali mezzi di comunicazione, sembra che ancora non ne venga compreso appieno l’importanza e le conseguenze. Il 43% degli uomini coinvolti nella survey, infatti, ha dichiarato di non considerare la violenza sulle donne come un problema che li riguardi direttamente. Allo stesso tempo, il 42% ritiene che quando si parla di violenza contro le donne spesso si colpevolizzino tutti gli uomini indistintamente, come se fosse un problema collettivo senza sfumature. “Numeri che testimoniano una scarsa consapevolezza delle radici culturali della violenza di genere e delle sue diverse sfaccettature quotidiane che spesso si basano su una concezione di superiorità maschile e su una cultura del controllo e della prevaricazione, spesso normalizzati. Ricordiamoci che nella survey precedente LEI (Lavoro, Equità, Inclusione) realizzata lo scorso anno e dedicata alle donne, oltre un’intervistata su 2 ha dichiarato di essere stata vittima di molestie, discriminazioni o stereotipi sul posto di lavoro, mentre addirittura il 22% di aver avuto contatti fisici indesiderati. Visti questi risultati è necessario capire come attivare un confronto tra i due generi e individuare le azioni grazie alle quali sia possibile intervenire efficacemente nei diversi contesti per arrivare all’equità superando stereotipi limitanti e promuovere una vera cultura del cambiamento”, spiega Annalisa Valsasina, direttrice scientifica di Fondazione Libellula.

UN LAVORO DA UOMINI

È sul posto di lavoro che si verifica la maggiore discriminazione: quasi 3 uomini su 4 (il 73%) riconoscono che nel proprio contesto professionale abbiano maggiori possibilità di carriera e maggiori possibilità di raggiungere posizioni ai vertici rispetto alle donne, rivelando anche da parte degli uomini una percezione di disuguaglianza di genere molto marcata e molto evidente nell’ambito lavorativo. Inoltre, il 79% degli uomini ha dichiarato che sempre nel proprio contesto professionale le espressioni utilizzate non sono sempre rispettose verso le donne, includendo battute, apprezzamenti e stereotipi sessisti. Anche la possibilità di essere assunti è stata considerata ineguale dagli intervistati, con il 61% degli uomini che ritiene di avere in quanto uomini maggiori possibilità di essere assunti rispetto alle donne. “Questi risultati riflettono la presenza di una discriminazione di genere anche nella fase di ricerca e selezione del personale, che può portare a una mancanza di diversità e di rappresentanza femminile in alcune aree professionali. Per gli uomini è più facile e veloce crescere e vedere riconosciuti i propri meriti, mentre la carriera della donna è spesso interpretata alla luce di altri fattori rispetto al merito o alla competenza. Positivo il fatto che gli uomini stessi registrino queste disparità perché possono essere alleati importanti verso il cambiamento. Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni per promuovere l’equità di genere sul luogo di lavoro, è importante che le aziende e le organizzazioni adottino politiche e pratiche per contrastare la discriminazione di genere e promuovere l’inclusione e la diversità, in modo da creare un ambiente di lavoro equo e rispettoso per tutti e tutte” prosegue sempre Valsasina.

GLI UOMINI E LA CURA DI CASA

Situazione leggermente migliore sul fronte della genitorialità, anche se con qualche paradosso: secondo i dati della survey LUI, sebbene l’85% degli intervistati ritenga che gli uomini siano responsabili quanto le donne della cura della casa e dei figli, più di un padre su 3 (il 36%) dichiara di non aver mai utilizzato gli strumenti a disposizione per la conciliazione come i congedi parentali o i permessi per occuparsi dei propri figli. Se, da una parte, questi numeri possono essere attribuiti alla percezione culturale della società che la cura dei bambini sia responsabilità principalmente della madre, dall’altra si notano piccoli segnali di cambiamento nella mentalità degli uomini che stanno diventando sempre più consapevoli e disposti a giocare la propria parte di responsabilità nella cura dei figli. “Per migliorare l’equità di genere nella genitorialità è importante che gli uomini siano incoraggiati a prendersi cura dei propri figli e figlie, decostruendo una visione della genitorialità come prerogativa solo del femminile. È necessario che vengano creati più strumenti a loro disposizione per farlo e che questi strumenti, infine, vengano pienamente utilizzati – prosegue Valsasina –. Ciò potrebbe includere politiche sul congedo parentale che incentivino il loro utilizzo da parte dei padri e che le società offrano maggiore flessibilità sul lavoro per consentire ai padri di occuparsi della famiglia, così come spazi di confronto e riflessione fra genitori per promuovere nuovi modelli e soluzioni”.

ANCHE GLI UOMINI PIANGONO

I dati più incoraggianti emergono in merito alla visione del maschile e al superamento di alcuni stereotipi. L’immagine tradizionale del maschio forte, coraggioso e insensibile sembra essere sul viale del tramonto: ben il 95% degli intervistati ritiene che mostrare emozioni e sensibilità non corrisponda a essere poco virili, dimostrando che molti uomini vogliono abbattere la maschera di durezza e insensibilità che spesso la società impone loro. Le recenti immagini di Federer e Nadal in lacrime mano nella mano durante il ritiro dal tennis giocato del campione elvetico, l’abbraccio tra Vialli e Mancini nella vittoria dell’Italia a Euro 2020 restituiscono un’iconografia di uomo aperto a mostrare le sue emozioni. Inoltre, il 70% ritiene che anche gli uomini siano vittime di stereotipi che impattano sul loro benessere e sulla loro libertà, dimostrando che molti uomini sono consapevoli della pressione sociale che viene posta su di loro. Tuttavia, non tutti gli aspetti della visione maschile hanno subito un cambiamento positivo. Il 45% degli intervistati ritiene che molte volte il comportamento di un uomo verso le donne sia motivato da una spinta sessuale e il 54% che sia tipico degli uomini fare battute a sfondo sessuale tra loro e pensare al sesso nelle loro relazioni, suggerendo la presenza di una visione delle donne come oggetto sessuale ancora molto presente e un forte mandato culturale verso la dimostrazione della propria virilità. Inoltre, persiste lo stereotipo secondo cui nella società sono gli uomini a dover mantenere e proteggere la propria famiglia: il 63% degli intervistati sente che come uomo debba proteggere le donne della sua famiglia (partner, figlie, madre, sorelle, ecc.) e il 52% dei padri dichiara che gli capita spesso o sempre di sentirsi totalmente responsabile del benessere economico della famiglia.

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