Una proposta decisamente interessante, quella emersa dal progetto pilota in Gran Bretagna 4 day week che ha visto coinvolte 61 aziende e 2.900 lavoratori per 6 mesi. La vera questione da approfondire è quanto le aziende siano realmente pronte a questo cambiamento.
Aumentare le ore nei 4 giorni di lavoro per non lavorare il quinto giorno potrebbe aumentare il benessere del dipendente e mantenere stabile la produttività ma prima di procedere in questa direzione bisogna forse valutare tutte le dinamiche interne che andranno a modificarsi riuscendo a ristrutturare l’organizzazione aziendale.
“Oggi le settimane sono di 38/40 ore settimanali – spiega Dario Forti, Psicologo, psicosocioanalista, consulente di sviluppo organizzativo di MODUS – oggi la proposta potrebbe essere di ridurre a 4 giorni ma aumentando a 9 ore al giorno arrivando così a 36 ore settimanali, quindi una minima riduzione che permetterebbe un maggior benessere per il lavoratore, avendo un giorno in più a settimana da poter dedicare a sé stesso. Ma questo è realmente percorribile per tutti? Ci sono molte tipologie di lavori che non potrebbero usufruire di questa riduzione o compensare con una turnazione il venir meno del servizio nel 5° giorno, ad oggi forse non praticabile vista la carenza di personale che affligge da tempo svariati settori.
Ci sono grandi vantaggi ma come possiamo far sì che questa riduzione del tempo di lavoro individuale permetta di mantenere la competitività? Interi settori come il turismo, il commercio e le PMI sarebbero fuori da questa proposta, bisogna lavorare sull’organizzazione aziendale e sull’empowerment del personale per arrivare all’equilibrio tra lavoro e vita privata”.
Responsabilizzare le persone, fare empowerment e modificare l’approccio al lavoro a partire dal ruolo del capo attraverso la giusta formazione per aiutarli ad adattarsi a questi cambiamenti. Ogni azienda deve trovare il proprio modo con una maggiore flessibilizzazione al metodo lavorativo applicato fino ad oggi anche attraverso una leva maggiore di attraction e retention, che per la maggior parte dei lavoratori riguarda principalmente il welfare aziendale, con formazione continua e per tutti, benefit e percorsi di crescita.
L’unica possibilità è riuscire a fare quello che si faceva in cinque giorni ma in quattro, e il tema centrale è chi potrà farlo?
Da una breve analisi ne andranno ad usufruire solo le grandi aziende, già avviate ad un processo di automazione e resteranno fuori da questa possibilità molte aziende che avrebbero invece bisogno di supporto da un punto di vista organizzativo, economico e sociale.
“Come da ogni crisi, dal COVID-19 all’aumento dei costi dell’energia, – prosegue Forti – si cerca di trarne un vantaggio e una possibilità, questa potrebbe esserla se strutturata all’origine, attraverso cambiamenti interni alle organizzazioni, da studiare caso per caso. Decidendo di diminuire i giorni di lavoro sarà dunque indispensabile investire subito sul creare le condizioni per questi cambiamenti, perché altrimenti potrebbe essere un boomerang; quindi, o passerà come una moda o le conseguenze saranno disastrose”.