Mentre il 2022 si è concluso fotografando un’Italia malinconica, come ha stabilito l’ultimo rapporto Censis, una coppia italiana ha deciso di sfruttare tutte le opportunità disponibili per vivere quello che, secondo un’analisi condotta da Volagratis, è il sogno del 64% dei nostri connazionali: viaggiare lavorando.
Così, Luca Bartoli – copywriter freelance – e Laura Princivalli – psicoterapeuta online – hanno trascorso gli ultimi mesi tra Cape Town in Sudafrica, Italia, California, Nevada, Utah e Arizona negli Stati Uniti, Marocco, Bali in Indonesia e attualmente vivono in Thailandia tra Bangkok, Chiang Mai e Phuket.
E tutto questo senza perdere un giorno di lavoro.
“Il principale vantaggio della psicoterapia online è il superamento dei limiti di tempo e spazio e, con esso, lo stravolgimento di molte convenzioni legate alla psicologia” afferma Laura Princivalli. “Le prime persone che bussavano ai miei schermi erano da un lato spinte da necessità logistiche e dall’altro c’era chi aveva già un ottimo rapporto con il mondo e le relazioni online (le nuove generazioni in particolare). Era il 2019 quando ho aperto il mio blog dedicato completamente alla psicoterapia online e in quel periodo pochi/e colleghi/e offrivano questa opzione, quasi nessuno contemplava l’idea di affrontare un intero percorso online. La pandemia e i lockdown hanno cambiato un bel po’ le cose, ma questa ora è storia.”
Mentre per Luca Bartoli, che nella sua vita lavorativa precedente ha ideato campagne pubblicitarie per importanti marchi e grandi aziende “Chi si rivolge a un copywriter freelance (e non a un’agenzia pubblicitaria o una web agency NdR) sono nella maggior parte dei casi piccole-medie imprese. Spesso, è direttamente l’imprenditore di persona a contattarmi oppure possono essere singoli professionisti, studi professionali, agenzie piccole o medie… Il loro focus sono i risultati e non sono interessati a come o da dove lavori per garantirglieli.”
Una vita sempre connessi, grazie alla tecnologia.
“Quello che è accaduto nel mondo lavorativo, si è verificato specularmente nell’ambito terapeutico” racconta Laura Princivalli che prima di dedicarsi completamente alla psicoterapia online ha lavorato per 6 anni nelle Risorse Umane. “Nel 2020 le misure restrittive hanno imposto sedute online: chi voleva incontrare il proprio terapeuta poteva farlo solo attraverso uno schermo. Questo ha segnato un cambiamento totale nel modo di intendere questo tipo di rapporto: alla fine dell’emergenza, quando si è potuto tornare a incontrarsi di persona, nessuno che seguivo né nessun nuovo contatto che arrivava, accennava all’idea di spostarci in studio.”
“Piccole-medie imprese, professionisti, studi professionali, agenzie piccole e medie, oltre al focus sui risultati, hanno un’altra caratteristica che li accomuna” afferma Luca Bartoli, che prima di diventare copywriter freelance ha lavorato per 12 anni, sempre come copywriter, in agenzie pubblicitarie nazionali e internazionali medie e grandi. “Non sono strutturati a livello di marketing e comunicazione. Questo significa che chi si occupa di questi ambiti – non di rado il titolare in persona – ha molte altre cose da fare e a cui pensare e non può dedicare a brief, debrief, allineamenti e presentazioni il tempo solitamente richiesto da un’agenzia di comunicazione. Per questo è necessario ridurre al minimo indispensabile le riunioni, anche quelle online. In questo modo, gli incontri sono l’eccezione e non la regola e quelli davvero necessari possono essere gestiti da qualsiasi fuso orario.”
La connessione a internet come condizione indispensabile.
“Una veloce e stabile connessione è sicuramente il primo dei nostri criteri – ammette Laura che come psicoterapeuta online svolge le sue sedute sotto forma di video-colloqui o, in alcuni casi, di colloqui telefonici – insieme a location, sicurezza e costo della vita. Quando abbiamo iniziato a progettare questa avventura questi erano i nostri unici criteri. Con l’esperienza abbiamo iniziato a dare importanza anche a infrastrutture e servizi imprescindibili, oltre alle questioni burocratiche da non trascurare.”
“In questi mesi abbiamo vissuto spesso in spazi di co-living e co-working “continua Luca. “Aparthotel per nomadi digitali (all’italiana) e remote workers (espressione più usata all’estero), che offrono aree comuni per lavorare aperte 24 ore su 24, con svariate postazioni tra open space, uffici privati e skype room e talvolta anche con caffè illimitato. Strutture perfette per le nostre esigenze. Inoltre, sempre più Stati concedono visti speciali a chi, lavorando a distanza, decide di trasferirsi lì per 6, 12, 24 mesi.”
Due nomadi digitali al di là dei cliché e degli stereotipi.
“La figura del nomade digitale è, almeno in Italia, legata a un certo grado di improvvisazione, di coraggio e anche di incoscienza. La nostra storia e le nostre riflessioni sono molto diverse. Ci sono state un po’ di pianificazione e di programmazione – confessa sorridendo la Dott.ssa Princivalli. – Prima di abbandonare il mio lavoro e dedicarmi completamente alla terapia online ho portato avanti in parallelo entrambe le attività per due anni. Verso la fine, significava lavorare 60 e più ore a settimana.
Ho fatto fatica inizialmente a indentificarmi con l’etichetta di nomade digitale, perché associata all’immagine di una persona al computer distesa su un lettino, sotto il sole, sulla spiaggia o a bordo piscina. Nel mio caso è impossibile: la privacy nella terapia online è importante tanto quanto nella psicoterapia di persona e necessita di un ambiente protetto. A ogni modo, le soluzioni si trovano, ad esempio, quando cerchiamo un alloggio selezioniamo strutture con una seconda camera, per farne il mio studio.”
“L’immagine stereotipata di chi lavora col portatile a bordopiscina o sulla spiaggia è quanto di più fuorviante sotto vari punti di vista” continua Luca che, come copywriter freelance rientrerebbe perfettamente nel cliché del nomade digitale. “Fa sembrare chi lavora in remoto una persona poco seria, non a caso è la rappresentazione visiva più usata dai così detti fuffa-guru per promuoversi. Oltretutto, è scomodo a livello pratico e operativo: la luce del sole è nemica di chiunque lavori al computer, per non parlare di sabbia e acqua. E poi in quelle immagini non c’è mai una presa per il caricabatterie… Davvero c’è chi crede che un nomade digitale lavori il tempo di una sola carica di portatile?!?”