I diplomati di domani sembrano voler contribuire a ridurre l’annoso mismatch tra domanda e offerta di lavoro nei settori a vocazione tecnico-pratica. Per il 6% degli studenti delle superiori questi mestieri sono, in prospettiva, la prima scelta per il futuro. Il 13% li valuterebbe in cambio di una formazione adeguata. Tra le motivazioni che li spingono verso questi percorsi, oltre 4 su 10 indicano soprattutto la passione e le inclinazioni personali, mentre 1 su 6 guarda principalmente alla rapida occupabilità. Ma il gender gap si fa sentire anche in questo àmbito
Su un campione di 2.600 studenti delle scuole superiori, circa 1 su 5 si dice disposto a valutare, per il post diploma, un mestiere tecnico-pratico
Alla base della scelta, per 4 su 10 ci sono o la passione verso uno dei vari ambiti “tecnici” o una naturale inclinazione per le attività pratiche
Tra i maschi si mostra incline ai lavori manuali oltre 1 su 4, tra le femmine solo il 1 su 6. A frenare le ragazze sono soprattutto i pregiudizi di genere
I settori più attrattivi per i ragazzi sono quello elettronico-digitale insieme all’industria dei trasporti; le ragazze, oltre all’ambito chimico-farmaceutico-alimentare, mostrano interesse per il settore alberghiero e della ristorazione
”Le impressioni che riceviamo dai giovani sono incoraggianti ma ci ricordano quale continui a essere la grande sfida che caratterizza il lavoro oggi: c’è bisogno che le competenze tornino un punto di contatto solido tra i percorsi di formazione e il mondo del lavoro stesso. Amplia Academy mira a ripartire proprio dalle competenze per essere una porta di ingresso, sempre aperta, per accedere al mondo del lavoro. Siamo certi che questa possa essere la strada per offrire ai giovani l’occasione che meritano”, così Sergio Spinelli, Direttore Human Capital & Organization di Amplia Infrastructures
Basta snobbare i mestieri tecnico-pratici, specie se ad alta specializzazione. È il messaggio che lancia una quota significativa di studenti prossimi al diploma, che sembra disposta a intraprendere quelle professioni. Le stesse per le quali molte aziende faticano tremendamente a trovare persone determinate a svolgerle e, soprattutto, qualificate. A trainare il loro interesse, oltre alle questioni prettamente legate alle competenze richieste, anche la possibilità di avere un buon bilanciamento tra vita personale e lavorativa, nonché buoni livelli retributivi. È quanto emerge da una ricerca condotta da Skuola.net assieme ad Amplia Infrastructures, società del Gruppo Autostrade per l’Italia. Infatti, su un campione di 2.600 studenti delle scuole superiori, circa 1 futuro diplomato su 5 si dice pronto a valutare una delle tante strade che il mercato del lavoro mette a disposizione in questo ambito.
Per una porzione non trascurabile di intervistati (6%) si tratta addirittura della prima scelta per il futuro. Mentre la restante parte (13%) lo farebbe solo se, alla base, ci fossero adeguati percorsi formativi e sufficienti prospettive di carriera o di stipendio. A questi ultimi si aggiungono poi coloro, pari al 28% del campione, ben disposti ma al momento più orientati a mansioni di carattere maggiormente teorico. A cui si affianca la platea (53%) degli assolutamente contrari.
Ma quali sono le motivazioni che spingono verso le professioni pratiche? Per 4 su 10 si tratta quasi di uno sbocco naturale: di questi, il 26% lo farebbe per soddisfare una passione personale, il 15% per sfruttare l’attitudine a svolgere attività più concrete. Molti altri, però, con un atteggiamento pragmatico, si lascerebbero convincere da aspetti differenti: il 15% per avere maggiori chance di trovare un lavoro in tempi rapidi, l’11% per il tipo di curriculum richiesto (con meno teoria e più pratica), il 10% per i guadagni.
Al contrario, quelli che si tengono alla larga da questi ambiti sono per la maggior parte “distratti” da altri percorsi che li stuzzicano decisamente di più: tra loro, la pensa così oltre un terzo (38%). Circa un quarto (27%), invece, sente di non avere le capacità manuali minime per affrontare una sfida del genere. Pochissimi sono “spaventati” da un’ipotetica scarsa retribuzione (7%), dalla pericolosità di queste attività o dagli sforzi fisici che richiedono (6%) oppure dall’idea che siano poco considerate a livello sociale (6%).
Per fortuna, quindi, i pregiudizi che hanno avvolto i mestieri tecnico-pratici per troppo tempo, oggi si stanno attenuando. A prescindere dalla voglia di candidarsi o meno, infatti, la maggior parte dei ragazzi ha, in astratto, un’immagine positiva di tali lavori. Oltre 1 giovane su 2, ad esempio, pensa che non siano affatto sottopagati ma che invece abbiano stipendi medi, in linea con tante altre attività. Circa 1 su 6 ritiene che possano essere altamente retribuiti. Allo stesso modo, quasi tutti sono convinti che le stesse professioni consentano di conciliare facilmente lavoro e vita privata, il cosiddetto work-life balance: per 2 su 3 si muovono con le stesse dinamiche della generalità delle occupazioni, per 1 su 5 lasciano più tempo libero di molte altre attività. Un dato, quest’ultimo, da non sottovalutare, visto che per le nuove generazioni il work-life balance è uno degli aspetti più importanti che un’occupazione deve garantire, insieme alla sicurezza sul lavoro e al livello stipendiale.
Qualcosa, dunque, si muove? In parte. Per chiudere il cerchio resta un grande tema da risolvere: il gender gap. Analizzando nel dettaglio le scelte dei futuri diplomati, infatti, ci si accorge che a lanciare la volata al gruppo dei sostenitori dei mestieri tecnico-pratici sono soprattutto i maschi, mentre le femmine si avvicinano ancora con eccessivi timori a questi percorsi. Parlano i numeri: tra i ragazzi la quota dei favorevoli sale al 26%, oltre 1 su 4; tra le ragazze ci si ferma al 17%, leggermente sotto la media. E, tra le studentesse che li scartano, quasi un terzo (30%) lo fa perché non li ritiene adatti alle proprie capacità.
Differenze di genere che, inoltre, esistono anche nella scelta dei campi di specializzazione preferiti. Ma che rimangono comunque limitate. I maschi propendono in massa per l’ambito digitale elettronico (30%), le femmine sembrano nettamente più orientate per i settori chimico, farmaceutico, alimentare (21%). Per il resto, i due universi si assomigliano: i ragazzi, come alternative, indicano – col 16% dei consensi – l’industria dei trasporti (automobilistica, aeronautica, ferroviaria) oppure i servizi alberghieri e della ristorazione (al 9%); le ragazze piazzano al secondo posto, a pari merito, proprio quest’ultimo ambito (ristorazione e alberghi) e l’industria elettronica e digitale (entrambi ottengono il 12% dei voti). A seguire, per entrambi i generi, settori importanti nell’economia del nostro paese come l’industria manifatturiera, quella delle costruzioni e l’artigianato.
”Le impressioni che riceviamo dai giovani sono incoraggianti ma ci ricordano quale continui a essere la grande sfida che caratterizza il lavoro oggi: c’è bisogno che le competenze tornino un punto di contatto solido tra i percorsi di formazione e il mondo del lavoro stesso. Solo così ciascuno potrà orientarsi, libero da preconcetti, perseguendo le strade che lo appassionano e impostando il proprio know-how per realizzarsi come persona e come professionista. Amplia Academy mira a ripartire proprio dalle competenze per essere una porta di ingresso, sempre aperta, per accedere al mondo del lavoro. Siamo certi che questa possa essere la strada per offrire ai giovani l’occasione che meritano: mostriamo loro che entrare in Amplia Infrastructures è far parte di una realtà che coniuga le caratteristiche della grande azienda ad un clima familiare e collaborativo. E significa soprattutto contribuire direttamente a cambiare il volto del Paese. In pochi mesi, già oltre 100 giovani (di cui 20 donne) sono stati formati per tanti ruoli diversi. Di questi, 72 collaborano già con noi ed entro la fine dell’anno prevediamo di poter fare ulteriori inserimenti”, commenta così gli esiti dell’indagine Sergio Spinelli, Direttore Human Capital & Organization di Amplia Infrastructures.
“Dalla famiglia che non riesce a trovare un idraulico all’azienda che non trova gli operai specializzati: è esperienza comune oggi incontrare difficoltà nel reperire professionisti qualificati in alcuni mestieri tecnico-pratici. Bisogna perciò lavorare con urgenza sulla filiera dell’orientamento e soprattutto sulla pubblica opinione, colpevole di aver alimentato pregiudizi su questo tipo di professioni, al punto che in alcune regioni italiane gli iscritti al primo anno dei percorsi liceali supera il 60 o addirittura il 70% del totale, con la prospettiva successiva di un percorso accademico post diploma, che spesso non si riesce nemmeno a concludere, ingrossando così la coorte dei NEET, ovvero quei giovani che non studiano e non lavorano”, così Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net.