No alla finanza che fa profitti con il business della guerra

Il Gruppo Banca Etica aderisce alla manifestazione per la pace indetta per il 5 novembre a Roma da Europe for Peace, Rete Italiana Pace e Disarmo (di cui è membro attraverso Fondazione Finanza Etica) e da tantissime altre realtà delle società civile, inclusi tanti soci di riferimento di Banca Etica come Acli, Arci, Agesci.

Il Gruppo Banca Etica si riconosce nelle richieste avanzate dai promotori della manifestazione: immediato cessate il fuoco in Ucraina, avvio di un negoziato di pace, convocazione di un’assemblea ONU per la pace, bando a tutte le armi nucleari, solidarietà con il popolo ucraino e con le vittime di tutte le guerre.

La finanza etica ha tra i suoi valori fondanti il rifiuto di fare affari con chi produce e commercia armi: un settore che in ogni epoca, ma ancor più in questi mesi, assicura lauti e macabri profitti a troppe banche e investitori senza scrupoli che investono somme immense nel settore degli armamenti. Per citare le sole armi nucleari, secondo il report 2021 della Campagna internazionale “Don’t bank on the bomb” lo scorso anno le banche e le società di investimento nel mondo hanno erogato finanziamenti per 685 miliardi di dollari a favore di produttori di ordigni atomici.

“Il prolungarsi dell’aggressione militare russa all’Ucraina, con il bollettino quotidiano di distruzione e di morti, è inaccettabile. Così come è sconcertante la mancanza di concrete azioni diplomatiche per provare a fermare la guerra. Banca Etica è al fianco dei movimenti pacifisti, insieme alle decine di migliaia di persone e organizzazioni nostre socie e clienti che hanno scelto la finanza etica perché non vogliono che i loro risparmi siano utilizzati per alimentare l’industria della morte”, dice la presidente di Banca Etica, Anna Fasano. “Mentre la diplomazia e gli organi di stampa paventano il rischio concreto dell’impiego di armi nucleari sul terreno, la cittadinanza, le associazioni e le imprese responsabili non possono restare a guardare. Mobilitarsi è necessario per pretendere che le istituzioni nazionali e internazionali frenino immediatamente questa escalation. Scendere in piazza non è solo invocare la pace ma essere costruttori di pace, di un’economia di pace, di una finanza di pace”.


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