“Non lasciare nessuno indietro” è la parola d’ordine della Giornata Mondiale dell’Alimentazione (che ricorre il 16 ottobre): nessun popolo, nessun Paese, ma anche – sarebbe bene ricordare – nessuna fascia di età, nemmeno quella degli anziani, che anche nei paesi economicamente avanzati rischiano di patire le ricadute di una non corretta alimentazione. Ricadute che possono colpire anche il sistema immunitario. Una corretta alimentazione può infatti essere un importante alleato per la prevenzione di malattie infettive e patologie croniche, soprattutto negli anziani. A sottolineare questo importante ruolo della nutrizione, proprio in occasione della Giornata Mondiale promossa dalla FAO è HappyAgeing, l’Alleanza Italiana per l’Invecchiamento Attivo, che a questa tematica ha dedicata una intera sessione di discussione con gli esperti durante gli “Stati Generali dell’Invecchiamento Attivo”, tenutisi a Roma lo scorso 15 settembre. “In un mondo occidentale che progressivamente invecchia – spiega il Dottore Michele Conversano, Presidente del Comitato Tecnico Scientifico HappyAgeing – per far fronte alle possibili patologie e favorire un invecchiamento in salute occorrono politiche che favoriscano una corretta alimentazione, individuata come fondamentale anche dall’agenda europea per l’invecchiamento attivo. Per raggiungere questo obiettivo occorre stare attenti agli effetti della crisi economica, che può cambiare la composizione del carrello della spesa, in qualità e quantità, ma anche puntare a una più precisa e diffusa informazione su questa importante tematica, senza indulgere a mode e falsi miti”.
Se l’alimentazione in alcuni Paesi è, purtroppo, ancora questione di sopravvivenza, nei Paesi con maggiore benessere diventa, però, un pilastro per la difesa della salute, soprattutto con l’avanzare degli anni. “Un sistema immunitario attivo e ‘giovane’ può fare la differenza, tanto nel difendersi dalle malattie infettive quanto da quelle croniche, e il concetto di gioventù dovrebbe essere inteso non tanto come un fattore anagrafico ma, prima di tutto, come una questione biologica – sottolinea la Professoressa Stefania Maggi, Dirigente di Ricerca Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Sezione Invecchiamento di Padova, Presidente Fondazione Dieta Mediterranea e Past President European Union Geriatric Medicine Society (EuGMS) – E se contro lo scorrere degli anni non si può far nulla, molto si può invece fare per rallentarne l’effetto a livello biologico, agendo su corretti stili di vita, anche a partire dalla nutrizione”. Queste le parole con cui, ha aperto la relazione introduttiva dedicata al tema. Intitolata “Alimentazione per la longevità: nutrire il sistema immunitario”, la relazione della Professoressa Maggi ha considerato anche il possibile impatto della crisi economica sulle scelte alimentari degli over 65 fino alle necessità alimentari specifiche, e spesso poco note ai caregiver, delle persone anziane in condizioni di fragilità.
Un tema quest’ultimo sottolineato anche dal Professor Amedeo Zurlo, Vicepresidente Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio (SIGOT) e Direttore della SC Geriatria AOU Ferrara. “I disturbi dell’alimentazione costituiscono una delle sindromi geriatriche che maggiormente impattano sulla durata e sulla qualità della vita delle persone anziane – afferma Zurlo – Oltre a costituire un fattore favorente condizioni patologiche (basti pensare al diabete e alla malattia arterosclerotica), concorrono all’instaurarsi di condizioni tipiche del processo di fragilità, attraverso la diminuzione della massa muscolare (sarcopenia) e di quella ossea (osteoporosi) allorché l’alimentazione diventi povera in proteine. Negli ultimi anni – aggiunge – le evidenze scientifiche hanno rilevato come uno stato nutrizionale carente possa aggravare il fisiologico calo di efficienza del sistema immunitario senile (immunosenescenza), ponendo le basi per un’aumentata suscettibilità alle infezioni, di cui si è avuta purtroppo riprova nelle recenti ondate epidemiche di infezioni da virus Sars-CoV-2, che hanno colpito in prevalenza i soggetti più anziani. Al contempo, la ricerca scientifica ha da tempo evidenziato come una corretta alimentazione, finalizzata a prevenire le più comuni carenze nutrizionali (proteine, minerali, vitamine), sia in grado di sostenere il sistema immunitario senile e di renderlo competente nella profilassi dei fenomeni infettivi”.
“Se da una parte occorre, senza dubbio, l’educazione del singolo individuo alla corretta nutrizione, è evidente che – chiarisce la Professoressa Maggi – questa non può essere solo una responsabilità individuale, tanto per gli strumenti culturali e materiali che occorrono per una corretta nutrizione, quanto per le ricadute a livello collettivo che la mancanza di questa può comportare”. Un discorso ancor più valido in una società che progressivamente vede aumentare le aspettative di vita: aspettative per ora espresse in termini di durata della vita, ma che devono poi essere tradotte anche in termini di qualità e quindi di anni in salute, obiettivo principale delle iniziative di HappyAgeing e oggetto stesso di questi Stati Generali.
Proprio sulla dimensione collettiva di una corretta informazione in tema di nutrizione delle persone anziane, e dunque sull’individuazione di possibili linee di azione da mettere in campo in un futuro e da proporre alle istituzioni, si sono concentrati, nel corso degli Stati Generali dell’Invecchiamento Attivo promossi da HappyAgeing, il Professor Claudio Pedone, Direttore UOC Geriatria – Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma e membro Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG), e Roberto Copparoni, Dirigente Medico Ufficio 5 – Nutrizione e Informazione ai Consumatori, Direzione Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione del Ministero della Salute. “Nella mia attività clinica mi capita spesso, purtroppo, di vedere alimentazioni sbilanciate negli anziani a seguito di messaggi fuorvianti che si focalizzano sulla necessità di consumare poco un cibo o molto un altro senza un bilanciamento dei nutrienti – dichiara il Professor Pedone – Dire ‘la carne fa male’ o ‘i grassi vanno eliminati’ sono delle semplificazioni che non aiutano, tanto più se non inserite in una logica che riguarda lo stile di vita complessivo. C’è molto da fare sul fronte educativo di tutta la popolazione, degli operatori sanitari e dei caregiver, incluse le persone che fanno assistenza agli anziani. Bisogna fornire prima di tutto conoscenze e strumenti, e tra questi ultimi un valido supporto potrebbe venire da una consapevole lettura delle etichette nutrizionali dei cibi, capacità meno diffusa di quello che si creda. Inoltre – continua – se da una parte occorre spiegare come funzionano e come si leggono le etichette, sarebbe utile anche pensare a una modifica del criterio con cui recentemente il sistema di etichettatura è stato riformato perché pur avendo introdotto i colori, che di fatto sono quelli del sistema a ‘semaforo’, questi possono dare a colpo d’occhio informazioni fuorvianti”.
Anche il Ministero della Salute ha di recente elaborato il documento Miglioramento della salute dell’anziano per gli aspetti nutrizionali (con particolare riguardo alla malnutrizione per difetto), dice Roberto Copparoni. “Un lavoro importante, ma che da solo non basta. Bisogna fare sensibilizzazione e formazione su tutto il territorio, creare un sistema di sorveglianza nutrizionale che ci permetta di misurare quanta di questa sensibilità si traduce poi in risultati e magari anche inserire nella cartella clinica una scheda nutrizionale, che attualmente manca. Una mancanza che già fa capire quanta cultura al riguardo c’è ancora da fare, soprattutto nella presa in carico geriatrica dove un elemento come questo dovrebbe trovare uno spazio importante”. Sul tema delle etichette nutrizionali, Copparoni aggiunge infine: “Potevano essere un buono strumento, ma l’attuale evoluzione della normativa non aiuta perché, se pur con la volontà di semplificare la lettura da parte del consumatore, si è caduti in un eccesso opposto che può finire per orientare la scelta verso i prodotti ad etichetta ‘verde’. In questo modo si escludono, però, di fatto, dei nutrienti che nella giusta quantità sono importanti. Un sistema che in nome della facilitazione potrebbe finire per deresponsabilizzare anziano e caregiver, con un effetto opposto a quello desiderato per quanto riguarda la nutrizione consapevole”.