Una road map per la ripresa delle attività dopo le ferie

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Back to work: alcuni momenti dell’anno sono più cruciali di altri e settembre è certamente uno di questi. Ripartire dopo il break estivo significa, specialmente nello scenario attuale, inserirsi in un contesto complesso, segnato da incertezza, mutevolezza, competitività e spinte contrastanti mai sperimentate prima. Un piano di rientro a lavoro ben pensato e organizzato può dare la corretta accelerazione al team sollevandolo dai timori per concentrarsi sugli obiettivi aziendali. Se è vero, infatti, che la parola leader viene da “to lead” (guidare), ai capi spetta allora l’imperativo di esprimere nuove abilità, sempre meno legate all’esecuzione e sempre più votate all’ascolto, all’ispirazione e alla motivazione, per generare senso di appartenenza nei collaboratori. Conoscere quindi il contesto in cui ci si muove, e soprattutto conoscere a fondo il proprio team, anticipare e facilitare il dialogo e il lavoro di squadra, delineare un set di obiettivi per elaborare le migliori strategie è fondamentale.

Ecco una possibile road map che ciascun manager può adattare al proprio contesto.

1) La connessione? Un rituale. Ascolto attivo, flessibilità, empatia, capacità di gestire i conflitti, capacità di esporsi ed esprimersi in pubblico: il successo di un leader nell’essere fonte di ispirazione per le proprie persone dipenderà sempre di più da queste capacità. Il ritorno dalle vacanze comporta necessariamente cambiamenti, all’interno e all’esterno dell’azienda, anche nelle maglie sociali. Il manager deve saper essere ricettivo, indovinare i mutamenti intervenuti e, soprattutto, essere aperto. Creare dei rituali di connessione e incontro – una tavola rotonda all’inizio di ogni settimana oltre ad occasioni di scambio con i singoli – aiuta a creare una base continuativa per un efficace lavoro di squadra. La condivisione e la narrazione di sé, di propri vissuti e aspettative, facilitano il senso d’appartenenza e incentivano l’impegno, rinforzando un ambiente positivo in cui ciascuno si senta visto e apprezzato. Un buon leader sa guidare tutti i membri del proprio team. Per farlo, deve anzitutto conoscerli.

2) Empowering, ovvero, liberare il potenziale. La leadership è un movimento dinamico tra il leader e la sua squadra, ed è il leader a imprimervi le giuste accelerazioni e direzioni. Il manager sa incoraggiare i propri dipendenti all’eccellenza – il che significa apprendimento, sviluppo e a volte fallimento. Il suo compito è fare il tifo per la squadra, responsabilizzandola. I membri del team conoscono, condividono l’obiettivo e sanno che si procede insieme, fornendosi supporto, specie in un momento delicato come quello del rientro. Questo tipo di sostegno crea fedeltà, regala ispirazioni: il buon leader si confronta con il team, ne ascolta idee e suggerimenti – le sue persone non sono ingranaggi di una ruota, ma parte fondante d’un organismo che lavora in unisono col proprio capo. Insieme disegnano la mappa degli obiettivi tenendo conto di tutti i punti di vista (ovvero, dei punti di vista di tutti). In questo modo si può creare uno strumento condiviso che apre nuovi spazi e permette nuove possibilità di crescita anche là dove non sembrava ce ne fossero.

3) Visione e con-divisione: la flessibilità, prima di tutto. La definizione degli obiettivi è un momento fondamentale per il team, e, per il manager, offre la possibilità di misurare progressi e risultati a livello individuale e collettivo. Per aumentare le possibilità di crescita e successo, è bene però che gli obiettivi vengano elaborati in dialogo (“visione e con-divisione”) con tutti i membri del team, così che il lavoro venga svolto con il massimo di coordinamento ed entusiasmo. Una volta stabiliti i goal, il consiglio è la flessibilità: sono necessari momenti di revisione e aggiornamento, meglio se svolti nel confronto con la squadra.

4) Responsabilità significa: “essere capaci di rispondere in maniera abile”. Riprendere la visione d’insieme: il manager sa che spesso i progetti procedono oltre la sua supervisione. Importante, al rientro, è quindi fare domande, aggiornarsi, essere al corrente . Ma, soprattutto, far sapere alla squadra che si è tornati e si è a disposizione. Il buon leader è respons-abile. A prescindere dalla dispersione (che durante il periodo estivo può anche essere geografica) del lavoro, deve saper poi rendere conto di quanto è avvenuto. Il buon leader deve avere un altrettanto buona capacità di elaborazione delle risposte, anche davanti a una situazione che può essere imprevista.

5) Abitare la complessità grazie all’apprendimento trasformativo. Già nel 1989 Morgan scriveva: “Se si vuole affrontare l’analisi organizzativa in maniera realistica, bisogna partire dal concetto che le organizzazioni rappresentano più cose nello stesso momento”. La complessità non si può forse eliminare ma nella complessità si può abitare. Facendone, nel senso letterale, un habitus e un’abitudine. Per chi guida un’azienda, questa è la grande potenzialità delle soft skills, che hanno radici nella migliore filosofia e nelle scienze umane. Senza scomodare grandi nomi di capi d’impresa laureati in filosofia come Sergio Marchionne e Reid Hoffman (fondatore di Linkedin), se risaliamo alle ragioni di successo delle aziende incontriamo spesso leader che hanno letto con cura qualche pagina di Aristotele e Platone e che fondano le relazioni aziendali su un apprendimento trasformativo (agire su sé stessi, per trasformare il mondo in cui ci si muove).

Su questi temi si sviluppa il master Management & Leadership skills – giugno alla sua IX edizione – che inizierà il 23 settembre 2022 con una durata complessiva di 90 ore erogate in modalità blended e-learning (in parte a distanza e in parte in aula; le lezioni si svolgeranno presso il Politecnico di Milano, a Milano); il corso sarà ricco di simulazioni pratiche.

Il percorso si rivolge ai professionisti che intendono sviluppare le proprie capacità manageriali e abilità trasversali apprendendo le tecniche più aggiornate di management in ambienti di lavoro ibrido. Il master fornirà strumenti per lo sviluppo di un mindset che favorisce la capacità di gestione dei cambiamenti all’interno delle organizzazioni.

La formazione del master è qualificata agli ordini professionali tecnici (ad esempio CNI, Consiglio Nazionale degli Ingegneri, e ICMQ-BU CERSA).


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