Giornata Internazionale della Lingua Inglese, in Italia è allarme

Il 23 aprile è la Giornata Internazionale della lingua Inglese, una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite per celebrare il multilinguismo e la diversità culturale. La data ricorre lo stesso giorno della nascita e della morte, rispettivamente il 23 aprile 1564 ed il 23 aprile 1616, di William Shakespeare: sostenitore dell’inclusività linguistica e del valore del multiculturalismo, lo scrittore non poteva che essere scelto “per promuovere la tolleranza, la comunicazione armoniosa e la partecipazione attiva e garantire il rispetto della storia e della cultura dei popoli”, come dichiarato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres. In quasi tutti i paesi europei l’inglese, infatti, è la lingua straniera più insegnata durante l’istruzione primaria e secondaria. Indispensabile strumento di comunicazione globale e di comprensione di differenti culture, inoltre, l’inglese è la seconda lingua più parlata nel mondo, con oltre 942 milioni di persone che la utilizzano quotidianamente. Ad oggi, rappresenta la conditio sine qua non per ambire al successo professionale in qualsiasi settore: essere bilingue, secondo CNN, è una tra le skill più richieste dalle aziende. Una teoria avallata anche da una recente indagine dell’ente Cambridge Assessment English secondo cui ben il 96% delle aziende italiane considera la conoscenza dell’inglese un requisito fondamentale per il proprio business. Ma non è tutto: il 64% ritiene che un dipendente con un ottimo livello di inglese possa far avanzare più velocemente la propria carriera. Ed ecco che sono sempre di più, infatti, i genitori che optano per un’educazione bilingue per i propri figli. Basti pensare che, stando ai dati Eurostat, se nel 1980 la percentuale mondiale di popolazione bilingue era pari al 9,6%, nel 2021 è più che quadruplicata toccando quota 43%. I vantaggi non finiscono qui. Stando ad alcuni studi condotti dalla Anglia Ruskin University, la Faculty of Health dell’Università di York e la Georgetown University Medical Center, i benefici di grow up cognitivo di un’educazione bilingue in età infantile sono evidenti: stimola e migliora l’attività cerebrale, affina le capacità di adattamento e problem solving, facilita l’apprendimento di altre lingue straniere, favorisce le abilità mnemoniche e sinaptiche, stimola l’intelligenza empatica e creativa.

L’Italia, però, è ancora indietro rispetto agli altri paesi europei: secondo una classifica riportata da Osservatorio Cultura Lavoro, il Belpaese è solo al 30° posto su 34 nell’apprendimento della lingua inglese. C’è ancora molta strada da fare, soprattutto se si pensa che solo il 19,7% dei neodiplomati italiani lo sa parlare, come riportato recentemente da TrueNumbers. “La scuola bilingue si sta rivelando una proposta che richiama su di sé un interesse sempre più elevato. A maggior ragione per quei genitori che, pur riconoscendo l’indiscutibile valore aggiunto della padronanza di una seconda lingua, non intendano rinunciare per i loro figli al mantenimento e al consolidamento delle radici linguistiche e culturali italiane – spiega Eva Balducchi, General Manager di Baby College Junior College e Middle College – La scuola bilingue può rappresentare la migliore risposta possibile ad un’esigenza di questo genere. Tanto più se in grado di garantire significative basi di apprendimento, utili a promuovere il futuro successo, sia scolastico, sia professionale, degli alunni di oggi e dei cittadini consapevoli di domani. La mission di Junior e Baby College è quella di accompagnare i bambini attraverso la loro crescita cognitiva e culturale, integrando l’approccio didattico e gli obiettivi curricolari anglosassoni con l’approccio metodologico e gli obiettivi didattici ministeriali italiani. Grazie all’uso della lingua inglese per il 70% del tempo scolastico, il bambino crescerà sviluppando una mente bilingue, che si forma nella fascia di età tra gli 0 e i 10 anni, durante lo stesso periodo in cui si accresce la conoscenza della lingua madre. Il bilinguismo, oltre alla capacità naturale di passare da una lingua ad un’altra, implica flessibilità mentale, velocità di ragionamento e apertura verso l’ignoto, la diversità, propensione all’esplorazione e alla conoscenza. Rappresenta la strada del domani: un futuro di competenza e condivisione all’insegna della valorizzazione dei patrimoni linguistici e culturali”.

Un futuro che parla chiaro: secondo alcuni studi Eurydice, Eurostat e le indagini internazionali PISA e TALIS dell’OCSE, a partire dal 2004, a livello UE, l’83,8% di tutti gli alunni dell’istruzione primaria hanno studiato l’inglese come prima lingua straniera. Solo nel 2019, sempre secondo Eurostat, il 59% ha scelto di studiare due lingue straniere. L’apprendimento della lingua inglese rimane una delle priorità della Commissione Europea, come evidenziato all’interno del documento “Rafforzare l’identità europea grazie all’istruzione e alla cultura”: “Una prospettiva per il 2025 dovrebbe essere un’Europa in cui imparare, studiare e fare ricerca non siano limitati da confini. Un continente in cui sia divenuto la norma trascorrere un periodo in un altro Stato membro, per studiare, formarsi o lavorare, e parlare altre due lingue oltre alla propria lingua madre. Un continente in cui le persone abbiano un forte senso della propria identità di europei, del patrimonio culturale dell’Europa e della sua diversità”. L’inglese sarà quindi la lingua del futuro? Secondo le previsioni del British Council, nel 2025 il volume di comunicazioni in inglese crescerà, ma diminuiranno le persone che la studieranno (oltre 3 milioni in meno rispetto al 2015). Una tendenza che in Italia è già riscontrabile: le persone adulte che studiano inglese saranno, nel 2025, 2,6 milioni in meno rispetto a quelle che lo studiavano nel 2015. Un evidente risultato della sempre maggiore volontà di apprendere la lingua inglese già dalla prima infanzia.

Anche il mondo delle celebrity si è accorto dell’evidente step up che comporta l’essere bilingue, ecco i 10 vip che hanno creato una carriera di successo, anche grazie alla capacità di parlare più lingue:

Alessandro Cattelan è arrivato ad essere il conduttore della nuova edizione dell’Eurovision Contest anche grazie alla sua innegabile padronanza della lingua inglese. La conoscenza dell’idioma gli ha permesso di intervistare alcune delle più grandi personalità internazionali del mondo della cultura e dello spettacolo.
Shakira parla correttamente spagnolo, inglese, francese, portoghese ed italiano. Ma è stato soprattutto per la sua conoscenza dell’inglese che Shakira ha conquistato il mercato musicale mondiale: ad oggi è considerata l’artista colombiana di maggior successo commerciale a livello mondiale. Basti pensare che è stata scelta per rappresentare i mondiali di calcio FIFA 2010 con il suo singolo “Waka Waka”, un inno al multiculturalismo.
Il leader dei Maneskin, Damiano, canta e parla correttamente la lingua inglese fin da piccolo. È stato proprio l’inglese che ha permesso al cantante di conquistare l’America: addirittura i Rolling Stones hanno chiesto ai Maneskin di aprire i loro concerti a Las Vegas.
Penélope Cruz, l’attrice feticcio del regista Pedro Almodovar, parla fluentemente inglese, francese e italiano. Grazie alla conoscenza dell’inglese la Cruz è diventata una delle attrici spagnole più conosciute al mondo: nel 2009 è arrivata a vincere l’Oscar come migliore attrice non protagonista per il film “Vicky Cristina Barcelona” di Woody Allen.
Victoria Cabello parla correttamente italiano ed inglese, grazie agli insegnamenti della mamma inglese dalla più tenera età. La precisa conoscenza della lingua inglese le ha permesso di intervistare per MTV, la RAI e non solo, alcune tra le più grandi star internazionali e di affermarsi come conduttrice televisiva.
Come il colonnello Landa nel film “Bastardi senza gloria”, anche Christoph Waltz è poliglotta: sa parlare in inglese, francese e italiano. Se non avesse conosciuto così bene l’inglese non avrebbe mai raggiunto la fama internazionale arrivando anche a vincere l’Oscar nel 2010 come miglior attore non protagonista per “Bastardi senza gloria” e nel 2013 per “Django Unchained”.
L’attrice ucraina Mila Kunis ha recentemente dichiarato in diverse interviste del trauma che ha provato i primi anni in cui si è trasferita con la famiglia in America, quando era piccola, perché non sapeva parlare inglese. L’apprendimento della lingua le ha permesso in seguito non solo di ritrovare la serenità, ma anche di conquistare ruoli da protagonista in diverse commedie americane.
L’attrice Sofia Vergara parla spagnolo ed inglese. È stata proprio la conoscenza della lingua a permetterle di diventare un attrice di successo di telefilm comedy come “Modern family”.
Federico Chiesa. Ebbene sì: proprio il calciatore ha conquistato tutti con un’intervista diventata ormai virale in cui parla un perfetto inglese ai microfoni di BeIN Sports. Il segreto? Il papà Enrico Chiesa: è stato proprio grazie a lui che Federico ha studiato per anni l’inglese e ha frequentato il liceo internazionale. Una skill che ha permesso da subito al calciatore di muoversi con destrezza nelle interviste dei Mondiali.
Il fondatore di Alibaba, Jack Ma, lo ha ribadito in tutte le interviste che ha rilasciato: senza l’inglese non avrebbe mai raggiunto il successo. Aveva 12 quando decise che per apprendere la lingua doveva darsi da fare: ogni giorno, per 40 minuti, conversava con gli ospiti stranieri dell’albergo del suo paese ad Hangshou, in Cina.

Ha proprio ragione il campione di tennis Novak Djokovic: “Abbiamo un detto nel nostro paese: più lingue conosci, più vali come persona”.


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