Labiopalatoschisi, l’importanza del supporto psicologico

La salute passa dalla mente ed è mediata dalle relazioni sociali. Se n’è avuta la prova lampante negli ultimi due anni caratterizzati dalla pandemia di Covid-19: un’esperienza che ha cambiato la vita di tutti ed ha aumentato in generale la sofferenza psicologica. Nella Giornata mondiale della salute – che si celebra il 7 aprile per ricordare l’istituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – la Fondazione Operation Smile Italia Onlus richiama l’attenzione sull’importanza del supporto psicologico integrato con tutte le altre figure professionali sanitarie.

Nel percorso multidisciplinare per la cura della labiopalatoschisi, infatti, la figura dello psicologo – assieme a quella del chirurgo, dell’ortodontista, del logopedista e di altri professionisti (quali otorinolaringoiatra, neonatologo, pediatra, infermiere) – ha un peso determinante, perché accoglie, cura e accompagna il paziente in una parte fondamentale: quella che ha a che fare con il benessere psicofisico, l’accettazione di sé e la sfera delle relazioni sociali.

“Da sempre la psicologia è importante, perché essere in salute, secondo la definizione stessa dell’OMS, non significa soltanto non essere malati, ma significa raggiungere e disporre in maniera armoniosa di un complesso stato di benessere a livello psicologico, fisico, sociale e anche spirituale – afferma la Dottoressa Alice Corà, psicologa e psicoterapeuta della Smile House di Vicenza presso l’Ospedale San Bortolo – Ma, a livello culturale, non sempre è stata così attenzionata. Lo psicologo dovrebbe necessariamente far parte di un percorso di cure integrato, in un’ottica preventiva e di counseling, attraverso input strategici su come affrontare al meglio la patologia, esattamente come avviene nelle Smile House per il trattamento delle malformazioni del volto”.

La Fondazione ha avviato il Progetto Smile House nel 2011 in collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale, per gestire in modo efficiente ed efficace tutto il percorso di cura del bambino, che va dalla diagnosi prenatale fino al termine dello sviluppo psico-fisico, comunicativo, relazionale e maxillo-facciale.

“Il mio ruolo come psicologa è essere parte integrante dell’equipe multiprofessionale – spiega la dr.ssa Corà – che, quando arriva una coppia in attesa di un bambino con malformazione del volto, incontra i futuri genitori per un primo colloquio di accoglienza, durante il quale vengono raccolti ed ascoltati i vissuti iniziali post-diagnosi: le domande, le paure, le preoccupazioni per il futuro del bambino. Il nostro compito è accompagnare i caregivers primari (genitori) alla consapevolezza che il percorso è del tutto affrontabile e che il loro atteggiamento rispetto alla patologia è importantissimo per il benessere del bambino sin dai primi mesi di vita”.

Il primo aiuto che viene fornito a livello psicologico è una consulenza, attraverso cui i genitori iniziano anche un percorso di psico-educazione che li guidi e li sostenga nell’affrontare i giorni critici dell’intervento chirurgico del proprio bambino: “Generalmente incontro i genitori prima della nascita del bambino e poi successivamente ai controlli di follow-up – racconta la Dottoressa Corà – Si tratta di colloqui di accoglienza, consulenza e sostegno ai genitori del nascituro nelle fasi più critiche: quando viene confermata la diagnosi, durante i primi controlli, quando l’equipe medica propone un percorso di primo intervento chirurgico. Sono tutte fasi in cui i genitori hanno bisogno di supporto per preordinare mentalmente tutto quello che succederà. Noi suggeriamo loro di raccontare al bambino quello che sta accadendo, in modo che lui possa crearsi un’identità anche di quell’esperienza che avrà vissuto a livello prevalentemente preverbale e aiutiamo i genitori a comunicare sicurezza con tutti i canali non verbali, come il contenimento emotivo, l’abbraccio, l’uso della voce”.

Un caso particolare si verifica in presenza della sequenza di Pierre Robin, ovvero bambini affetti da questa patologia devono essere sottoposti, in alcuni casi, a trazione mandibolare: un percorso impegnativo che viene in parte attuato in un setting ospedaliero con ricovero anche di diverse settimane: “I genitori in questi casi sono spesso in ansia – afferma la Dottoressa Corà – spaventati dalla sofferenza che potrà provare il bambino, il quale sarà in una condizione in cui non potrà essere tenuto in braccio per la maggior parte del tempo, quindi il lavoro è quello di aiutare i genitori a trovare altre strategie per essere di sostegno al bambino con la voce e con il contatto come lo sguardo, le carezze”.

“Il percorso psicologico – continua la dr.ssa Corà – può essere offerto ai bambini e ai ragazzi lungo tutto il percorso di cura ed in particolare in alcune tappe importanti come gli interventi chirurgici secondari (es. innesto osseo, faringoplastica). Su indicazione del medico, su coinvolgimento della logopedista o su richiesta dei genitori, può essere incontrato il minore per comprendere meglio il vissuto della labiopalatoschisi all’interno della propria identità fisica, psicologica e sociale ed individuare eventuali aspetti traumatici. Quando necessario, lo psicologo, assieme ai genitori ed in sinergia ai servizi di competenza, ha un ruolo fondamentale nell’aiutare a ritrovare un miglior equilibrio globale.”

I colloqui tra psicologo e genitori sono importanti anche per comprendere i bisogni specifici di quel determinato nucleo familiare, in maniera che l’equipe di cura possa rispondere in maniera adeguata ed integrata alle esigenze uniche di quella famiglia: “Il supporto psicologico nella cura della labiopalatoschisi è importante perché non si interviene solo su quella patologia, ma si aiuta il benessere totale della persona – conclude la dottoressa Corà – Per questo motivo qui nella Smile House di Vicenza stiamo lavorando, insieme alla OdV Lavoriamo per un Sorriso (LPS), per dare vita a un Gruppo di Auto Mutuo Aiuto, la cui valenza è riconosciuta dall’OMS stessa, per genitori di bambini affetti da labiopalatoschisi, perché uscire dalla solitudine e condividere la propria esperienza aiuta non soltanto a rompere dei tabù, ma anche a fare rete e a migliorare il benessere di tutta la famiglia”.


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