Il nuovo decreto Covid ha prorogato al 30 giugno 2022 la possibilità di attuare lo smart working nel settore privato senza l’accordo individuale tra datore e lavoratore. L’attuale proroga è il chiaro segnale che, iniziato come una risposta alla contingente situazione sanitaria imposta dal Covid come strumento preventivo dei contagi, lo smart working è diventato ora una risposta permanente alla richiesta di maggior benessere psicologico e di un nuovo equilibrio tra vita privata e lavorativa. Secondo un recente studio condotto dall’Università di Stanford, ci si aspetta che solo una piccolissima parte delle aziende tornerà a una modalità di lavoro totalmente in presenza, le altre gestiranno almeno il 25% del tempo in smart working.
Sempre più aziende stanno implementando una modalità di lavoro ibrida che prevede la presenza in ufficio di soli 2 o 3 giorni a settimana, per trasmettere al proprio team un messaggio di attenzione alla loro qualità della vita, un cambio in positivo del life-work balance, che si avvicina sempre più al welfare con al centro l’home office.
Sicuramente tutto ciò rappresenta una grande sfida alla capacità degli imprenditori e delle aziende di dare fiducia rivedendo e riprogettando i propri standard di controllo, trasformando quindi questa scelta di modalità di lavoro in un patto maturo e responsabile con il team e non solo un semplice benefit aziendale.
Ma cosa implica l’introduzione della modalità ibrida a livello di gestione del team e della vita aziendale?
Se rispondere a questa rinnovata esigenza di un diverso equilibrio vita-lavoro è sacrosanto, è essenziale prestare attenzione ad alcuni aspetti umani e psicologici che hanno un impatto enorme sullo stato di benessere e la performance delle persone:
Senso di appartenenza
Cultura aziendale
Chiarezza di obiettivi e misurazione del successo
Tutela delle relazioni umane.
Il punto di vista di Giovanna Carucci – Business Generative Coach – Ceo e Founder di #Authenticleader