Galline con ossa rotte negli allevamenti

Foto di Andreas Göllner da Pixabay

Un nuovo studio condotto dall’Università di Berna denuncia la grave sofferenza a cui sono esposte le galline ovaiole all’interno degli allevamenti, anche biologici. Animal Equality condanna questa forma di crudeltà che provoca la sofferenza di milioni di galline ogni anno e chiede che anche in Italia venga esaminata accuratamente una situazione che non è eticamente accettabile all’interno della produzione di uova. Non è possibile infatti produrre in violazione dei criteri di rispetto del benessere animale, ma è evidente che questa problematica getta una luce su un aspetto mai esaminato a sufficienza della produzione intensiva di uova.

In un periodo di dieci mesi, i ricercatori dell’Università di Berna hanno condotto radiografie su 150 galline ovaiole allevate riscontrando sul 97% di esse la presenza dello sterno spezzato e una media di tre ossa rotte, che in alcuni casi arrivavano ad essere undici. Ciò provoca non solo un’estrema sofferenza negli animali, ma impedisce loro anche i più semplici movimenti quotidiani.

Secondo lo studio, la causa di questa terribile condizione nelle galline è da riferirsi alle modalità di sfruttamento a cui sono sottoposte all’interno degli allevamenti. Una gallina ovaiola depone infatti in media 323 uova all’anno (quasi un uovo al giorno) ricavando il calcio per formare il guscio dalle proprie ossa. Tuttavia, secondo le ipotesi degli studiosi, a causa della sovrapproduzione a cui le galline sono sottoposte, le loro ossa non hanno il tempo sufficiente per ricostituirsi e diventano così porose.

Un’altra possibile causa è lo sfruttamento precoce di questi animali che iniziano a deporre le uova troppo giovani, quando le loro ossa non sono ancora sufficientemente sviluppate.

Come dichiarato da Hanno Würbel, professore di Benessere animale alla Facoltà Vetsuisse di Berna: “Con il modo in cui oggi vengono allevate le galline, dolore e sofferenza sono inevitabili per molti animali. E questo non è sostenibile”.

In Italia le galline allevate per le loro uova sono 40 milioni. Si tratta di animali sfruttati all’interno dell’industria delle uova che per il 40% vivono ancora all’interno di gabbie che non consentono loro di muoversi o aprire le ali. Nel nostro Paese la stessa industria coinvolge al contempo tra i 25 e i 40 milioni di pulcini maschi che vengono abbattuti ogni anno in quanto considerati “scarti di produzione”. Il Parlamento italiano ha però votato una legge che vieterebbe questa uccisione dal 2026, una legge attualmente in esame al Senato.

“Animal Equality denuncia da anni l’impatto degli allevamenti intensivi sulla salute delle galline ovaiole e dei loro piccoli, ma lo studio realizzato dall’Università di Berna è la riprova che si tratta di un sistema produttivo ancora troppo basato sullo sfruttamento che non tiene adeguatamente conto del benessere delle galline e che genera al contrario inutile sofferenza, in contrasto con qualsiasi forma di benessere animale” dichiara Alice Trombetta, direttrice esecutiva di Animal Equality Italia.


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