La città e l’inconscio nell’era globale: se ne parla nell’Università degli Studi di Milano

Nel XXI secolo l’umanità si trova a fronteggiare nuove, inattese sfide. Il divario natura / cultura è aggravato dalle ferite inferte dall’uomo che abita in megalopoli, dove a dominare è la tecnologia più avanzata e l’impensato sociale si addensa in rifiuti dematerializzati che fluttuano indigeriti nelle maglie del WWW. Se l’emergenza pandemica, che dura oramai da due anni, ha ulteriormente penalizzato le giovani generazioni e gli esclusi, coloro che vivono ai margini della città e sono destituiti di qualsiasi diritto, è pensabile la transizione verso una “mutazione antropologica” che veda l’esperienza urbana, immersa nella rivoluzione digitale, accogliere la fragilità connaturata al vivente?

Se è lecito parlare di “tecnocene”, quale ruolo ricopre la cultura in un’epoca in cui la divisione tra scienza e umanesimo si vuole superata da una struttura della complessità? È possibile affrontare il processo di globalizzazione senza soccombere alle logiche di un mercato sempre più selvaggiamente liberista e incurante del vivente, ridotto a oggetto di consumo e surrogato? In un’ottica solidale e sostenibile la città odierna è in grado di consegnare ai giovani un sapere che consenta loro di capire che NOI siamo precede IO sono?

Il Convegno ospita molte domande e cerca risposte che introducano un’etica della cittadinanza per il terzo millennio, dove le finalità dell’Europa unita e di Agenda 2030 non restino gusci vuoti, slogan che evacuano il pensare e dove al movimentismo si sostituiscano contenuti e consapevolezza da tradurre in una prassi comune nel riconoscimento delle differenze e dell’Altro.


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