Proteggersi dalla morte: alle origini delle vaccinazioni
Edito da Scholé, in libreria il saggio di Edward Jenner con un’ introduzione, tra storia e scienza, del filosofo Antiseri
“…Ma noi ci veggiamo distruggere da un morbo spopolatore; e lungi dall’opporvi un’opportuna difesa, non facciamo che vilmente presentare il collo al giogo di questo tiranno. A che giova la scienza, se non sa migliorare la nostra fortuna?“. Così scriveva nel 1800 Giuseppe Giannini inviando al Comitato Governativo della Repubblica Cisalpina alcune note circa la “necessità di propagare tra noi il Vajuolo Vaccino”. Già: oggi si chiama in altro modo, mentre ieri era la vaiolizzazione. Identico in ogni caso lo scopo: proteggersi dalla morte con la stessa causa della morte.
La storia del successo e poi della decadenza del metodo della vaiolizzazione è affascinante: praticato nelle Corti passò nella popolazione; esaltato e combattuto, non durò a lungo. Nel 1763 a schierarsi contro l’inoculazione troviamo – ad esempio – la Facoltà Teologica di Parigi. Certo gli insuccessi nella vaiolizzazione non erano mancati, ma, sebbene sia facile supporre che i benefici furono maggiori, furono proprio quelli a decretare la fine della pratica. Purtroppo però scomparsa la pratica, non scompariva il vaiolo, né le stragi che lo accompagnavano. E fu Edward Jenner ad aggredire il problema per altra via. È un capitolo di storia che torna in libreria con l’opera La ricerca sulle cause e gli effetti del vaiolo vaccino (Scholé, pp. 160, euro 14). Pagine che ci mostrano lo sgretolarsi di idee “estremamente vaghe e indeterminate” e l’affermarsi di un corpus di “teorie scientifiche”.
Ad avvicinarci a questo classico un’introduzione – un libro nel libro – scritta dal filosofo Dario Antiseri, capace di dar conto di una vicenda, anche pensiero e gli esperimenti dei più ferventi apostoli dell’opera jenneriana.
Come Luigi Sacco l’artefice della diffusione della vaccinazione in Italia, la cui opera sociale – sottolinea Antiseri – si basò sulla a convinzione che la teoria di Jenner “fosse non tanto una opinione quanto piuttosto una comprovata teoria scientifica”. Come Louis Pasteur pronto a cogliere un aspetto rilevante: la vaccinazione antivaiolosa “non era in realtà che l’applicazione particolare di una legge generale di natura, cioè che era probabile vaccinare contro molti tipi di malattie microbiche usando microorganismi nella stessa specie, ma di virulenza attenuata”.
Da qui lo sviluppo di tecniche per la produzione di vaccini, da qui l’origine all’immunologia come scienza, incoraggiando i chimici a studiare la natura delle sostanze presenti nei microorganismi e capaci di produrre resistenze all’ infezione. Insomma un libro, quello che esce ora con i tipi di Morcelliana Scholé, dove la scienza si configura come fattore di storia e di cultura. Era stato proprio Pasteur ad affermare “La cultura delle scienze nella loro espressione più elevata è forse ancor più necessaria allo stato morale di una nazione della sua prosperità materiale”.
Mentre si accentua la discussione sui vaccini e la pandemia non sembra uscire dalle nostre vite, un testo che non lascia indifferenti: un modello di letteratura scientifica. Una raccolta di casi, affrontati con un metodo scientifico, che hanno segnato una svolta nella storia della medicina e dell’ umanità.