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La deforestazione dell’Amazzonia è sempre più grave

La deforestazione dell’Amazzonia è sempre più grave: secondo i dati diffusi dal sistema DETER dell’Istituto brasiliano di ricerca spaziale (INPE), nel solo mese di giugno abbiamo perso un’area di 1.062 chilometri quadrati, per un totale di 3.610 chilometri quadrati di foresta andati perduti nei primi sei mesi del 2021, il 17,1 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2020.

“Ogni due secondi, nel mondo, un’area di foresta grande come un campo da calcio viene rasa al suolo, soprattutto per produrre soia destinata ai mangimi e per fare spazio a pascoli di bovini. Mancano strategie serie per la gestione degli incendi e per la protezione delle foreste”, afferma Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia. “Proteggere le foreste è essenziale nella lotta contro i cambiamenti climatici, per tutelarci da nuove malattie infettive e per sostenere la vita dei Popoli Indigeni e delle comunità forestali tradizionali. L’Unione europea è uno dei principali consumatori e finanziatori di prodotti provenienti dalla distruzione globale delle foreste e degli ecosistemi, perciò è necessaria una nuova legge dell’Ue in grado di fermare il consumo di prodotti legati alla deforestazione, ma le aziende che traggono profitto dalla distruzione dell’Amazzonia ostacolano il processo”.

Nel 2020 si è tenuta la più ampia consultazione pubblica europea su questioni ambientali svolta finora: oltre un milione di persone, tra cui 75 mila italiani, ha chiesto all’Ue di garantire con una normativa rigorosa che nelle nostre case non arrivino più prodotti legati alla distruzione delle foreste e alla violazione dei diritti umani. La Commissione europea si era impegnata affinché la prima bozza della normativa fosse pubblicata entro la metà dell’anno, ma la pubblicazione è stata prima posticipata all’autunno, e poi ulteriormente rinviata al 22 dicembre, come abbiamo appreso dalla programmazione autunnale della Commissione resa nota di recente.

Secondo una recente analisi dell’Unità europea di Greenpeace, numerose aziende che producono e commerciano materie prime e prodotti legati alla deforestazione e alla violazione dei diritti umani stanno esercitando forti pressioni sull’Unione europea per indebolire la normativa e limitare gli impatti sul proprio business.

Per riuscire a proteggere le foreste, la normativa europea dovrà stilare una lista, modificabile nel tempo, dei prodotti e delle materie prime legati alla deforestazione, a partire da carne, pellame, soia, mais, olio di palma, legno e derivati, cacao, caffè e gomma. Le aziende dovranno poi sottostare a chiare misure che rendano trasparente la filiera (“dovuta diligenza”) per garantire che siano conformi a rigorosi criteri di sostenibilità. Dovranno quindi essere stabiliti requisiti chiari per la trasparenza e la tracciabilità delle filiere, così che sia possibile risalire all’origine dei prodotti venduti in Europa e verificare in modo indipendente la loro conformità ai requisiti di sostenibilità, Bisognerà infine garantire che non vengano più finanziate attività commerciali che non soddisfano questi requisiti di sostenibilità”, conclude Borghi.

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