Salviamo i mari dalla plastica: il governo italiano intervenga con urgenza

«Da domani, 3 luglio 2021, i mari che lambiscono le coste europee saranno più protetti dall’inquinamento di 10 prodotti in plastica monouso, le spiagge saranno più pulite e i prodotti ittici che portiamo sulle nostre tavole più sani e sicuri». È questa la notizia che avremmo voluto lanciare oggi, dopo dieci edizioni di Slow Fish – la manifestazione in corso a Genova fino a domenica 4, organizzata da Slow Food e Regione Liguria – che dal 2004 sensibilizza il pubblico sulle problematiche degli ecosistemi acquatici e accende i riflettori sulle iniziative virtuose delle comunità della piccola pesca artigianale che si adoperano per risolverle.

E invece la notizia che diamo non è questa, per tre motivi che non fanno altro che generare ancora più confusione.

Domani sarebbe dovuta entrare in vigore in tutti i Paesi dell’Ue la direttiva sulle plastiche monouso (la Sup – Single Use Plastic) adottata nel 2019 con l’obiettivo di ridurne l’impatto sull’ambiente. Se guardiamo al panorama dei vari stati, la direttiva prevede che quanto già prodotto vada in esaurimento (e chissà per quanti anni ne avremo ancora).
Se però guardiamo nello specifico a ciò che accade in Italia, ci tocca constatare che al momento esiste solamente una bozza di decreto legge di recepimento, che non è nemmeno stata messa in calendario del Consiglio dei Ministri.
Inoltre sono già in atto trattative tra gli stati membri e la Commissione europea per attenuare gli effetti della direttiva sul comparto industriale, fortissimo soprattutto in Italia e Spagna.
Tra i nodi da sciogliere anche la questione dei prodotti usa e getta in bioplastica, considerata dalla direttiva europea alla stessa stregua delle plastiche tradizionali, nonostante le bioplastiche utilizzate per piatti e bicchieri, ad esempio, siano biodegradabili e compostabili. «Al momento la confusione regna sovrana» evidenzia Andrea Di Stefano di Novamont, a Slow Fish per raccontare alcuni dei progetti che vedono protagoniste comunità della pesca in Puglia e Campania. «Purtroppo la direttiva è nata all’insegna della fretta e della scarsa attenzione all’innovazione. Il target principale nel monouso dovrebbe essere quello della riduzione del consumo, indipendentemente dal materiale. L’auspicio è che l’Italia, forte del miglior sistema europeo di raccolta differenziata dei rifiuti alimentari, e di tutti quelli assimilabili perchè compostabili, scelga di abbinare a obiettivi ambiziosi di riduzione, prodotti compostabili rigorosamente certificati. Si tratta di un obiettivo importante anche per tutelare il consumatore da quei manufatti che, pur non rientrando nell’elenco della direttiva Sup, possono essere privi di certificazioni che ne garantiscano sia la sicurezza alimentare sia la compostabilità industriale nel fine vita».

Il Mediterraneo: un mare di plastica

I 10 prodotti sotto i riflettori della direttiva sono quelli più diffusi sulle spiagge europee: bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce e mescolatori per bevande, palloncini e aste, contenitori per alimenti, tazze e contenitori per bevande, mozziconi di sigaretta, sacchetti di plastica, pacchetti e involucri, salviette umidificate e articoli sanitari.

Più dell’80% dei rifiuti marini è costituito da prodotti plastici e di questi solo una piccolissima percentuale è visibile lungo le nostre spiagge. Secondo lo studio The Mediterranean: Mare plasticum dell’International Union for Conservation of Nature and Natural Resources (IUCN), questo pericolo è particolarmente grave nelle acque del Mar Mediterraneo. Qui la plastica totale accumulata è stimata nell’ordine di grandezza di 1.178.000 tonnellate, anche se dati precisi non ci sono, visto che la maggior parte delle ricerche svolte finora si è concentrata principalmente sulla plastica accumulata sulla superficie del mare, che costituisce meno dello 0,1% della quantità totale. Secondo il rapporto i primi tre Paesi che contribuiscono alla dispersione di plastica sono Egitto, Italia e Turchia. Lo studio stima una dispersione di plastica annuale media di 229.000 tonnellate: al 94% si tratta di macroplastiche e al 6% di microplastiche. Mentre le prime sono visibili a occhio nudo e costituiscono la base per le famose isole di plastica galleggianti, queste ultime sono le più insidiose, costituendo un prodotto sintetico – spesso scambiato per cibo dai pesci e dai microrganismi acquatici – sempre disponibile che, attraverso lo zooplancton, risale lungo la catena trofica fino ad arrivare sulle nostre tavole.

Microplastiche e metalli pesanti: amici per la pelle

Ma c’è di più: un recentissimo studio a cura di Stefania Squadrone e del team di ricerca dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta diretto da Angelo Ferrari (maggio 2021, Environmental Science and Pollution Research), analizza – tra i primi a livello mondiale – la presenza di metalli pesanti assorbiti dalle microplastiche. Grazie ai prelievi effettuati in due aree tra Toscana e Liguria, lo studio rileva come le microplastiche vadano a braccetto con i famigerati metalli pesanti. E così alluminio, ferro, nichel, zinco, cadmio, mercurio, piombo e arsenico, giusto per citare i più diffusi, vanno a braccetto con poliestere, polietilene e altri derivati plastici, costituendo un ulteriore veicolo di contaminazione da metalli pesanti per la catena trofica. «Gli effetti delle microplastiche sugli organismi viventi, tra cui l’uomo, sono tuttora oggetto di studi approfonditi» sottolinea Maria Cesarina Abete, responsabile S.C. Controllo Chimico dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Ma alle plastiche, come detto, si aggiungono i rischi dovuti «all’assunzione di metalli pesanti, di cui le microplastiche sono dei veri e propri hotspot». È il caso, prosegue Abete, dello «zooplancton, come piccoli crostacei, salpe e meduse che a loro volta vengono mangiati da esemplari sempre più grandi in un processo di biomagnificazione, che arriva fino a noi. Senza voler fare allarmismo, perché i controlli sul cibo, e in particolare sui prodotti ittici, sono serrati, dobbiamo far capire che ci vuole un freno deciso al consumo di prodotti in plastica».


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