Alcuni soggetti sono più esposti al rischio di forme severe di Covid

Si è aperto il Congresso della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica (SIAIP) giunto alla sua XXIII edizione, presieduto dal professor Gian Luigi MARSEGLIA Direttore della Clinica Pediatrica della Università degli Studi di Pavia- Policlinico San Matteo. Fino al 24 aprile riunirà per via telematica oltre 2000 partecipanti e, per questa edizione, ha l’onore di ospitare Anthony FAUCI, Direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) del National Institutes of Health (NIH) di Bethesda. Sarà proprio di Fauci il saluto inaugurale e l’apertura del Congresso, con un momento anche di rievocazione delle sue radici italiane con la consegna delle chiavi della Città di Sciacca, luogo da cui provengono i nonni, transitati come molti altri emigranti italiani per Ellis Island, prima di approdare negli Stati Uniti.

LE RACCOMANDAZIONE DI FAUCI: I VACCINI NON SONO L’UNICA VIA DI USCITA
“Essendo recentemente entrati nel secondo anno di questa storica pandemie di Covid-19 siamo tutti comprensibilmente esausti, desiderosi di dare fine alle sofferenze, alle tragiche morti e ai vincoli che la pandemia ha imposto alle nostre vite. Straordinariamente, abbiamo realizzato in tempi record – interviene Antony FAUCI – diversi vaccini contro il covid-19 che hanno dimostrato grande efficacia offrendoci la speranza di avere in mano gli strumenti per sconfiggere il Sars COV 2. Nonostante i vaccini siano essenziali per raggiungere tale obiettivo, ovviamente non possiamo considerarli la nostra unica via d’uscita dalla pandemia. È necessario agire su due fronti: vaccinare quante più persone possibili nel più breve tempo possibile continuando nel contempo a seguire le misure di prevenzione di salute pubblica. Possiamo porre fine a questa pandemia ma quando vi riusciremo dipende dall’impegno di ognuno di noi ad essere parte della soluzione”.
L’attenzione per il Covid si iscrive nella filosofia cui si ispira la SIAIP.
“Obiettivo scientifico della nostra società è quello di una visione trasversale dell’ allergologia e dell’ immunologia – continua il presidente SIAIP Gian Luigi MARSEGLIA, Direttore della Clinica Pediatrica dell’Università di Pavia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo – Non è cioè focalizzata solo alle malattie squisitamente allergologiche o squisitamente immunologiche, ma alla valutazione di tutte le patologie in cui allergologia e immunologia rappresentano il denominatore comune delle malattie del bambino. Ecco perché noi ci occupiamo anche di reumatologia, degli aspetti immunologici delle malattie gastroenteriche, degli aspetti allergologici a immunologici delle malattie del sistema nervoso centrale e così via”.

IL DECORSO GRAVE ANCHE NEI BAMBINI (SEPPUR POCHI)
Il Congresso offre quindi l’occasione per approfondire anche alcuni aspetti del Covid-19 a partire dalle ultime acquisizioni sui fenomeni immunologici che giustificano un decorso particolarmente grave della malattia in un numero fortunatamente piccolo di bambini che, notoriamente, sono risparmiati dal virus Sars cov 2.
A fare il punto è Luigi NOTARANGELO, Direttore del Laboratorio di Immunologia Clinica e Microbiologia dei NIH che ha condotto ricerche sull’argomento sia negli adulti, sia nei bambini.
“La nostra ipotesi di partenza era che alcuni dei soggetti che hanno sviluppato una forma particolarmente grave di Covid-19 avessero di base un difetto genetico della capacità del sistema immunitario far fronte al virus e che al contrario soggetti che, pur presentando comorbilità – precisa il ricercatore – e pur essendo anziani, quando vengono esposti al virus non sviluppano malattia, abbiano una costituzione genetica in grado di determinare resistenza all’infezione virale. In collaborazione con diversi centri italiani abbiamo studiato il genoma di questi soggetti soffermandoci in particolare su geni coinvolti in meccanismi di difesa contro i virus. Sapevamo gia’ che alterazioni a carico di alcuni di questi geni sono responsabili di forme fatali di influenza. In effetti abbiamo osservato la presenza di mutazioni a carico di questi 13 geni nel 3,5% dei pazienti con forma critica di covid-19. Si tratta di geni importanti per produrre gli interferoni di tipo primo che nella fase iniziale di un’infezione virale, prima che si inneschino le risposte dell’immunità specifica con produzione di anticorpi e linfociti T, sono prodotti dal sistema immunitario e dalle stesse cellule delle vie respiratorie infettate dal virus con l’obiettivo di ridurre il più possibile la replicazione virale”.
Se per ragioni genetiche un individuo non è in grado di produrre interferone di tipo primo il virus rimane libero di replicarsi e riesce così a diffondersi in modo molto maggiore nell’organismo. Ma i ricercatori hanno fatto anche un’altra osservazione. “Il 10% dei soggetti con covid-19 critico – conclude NOTARANGELO- senza difetti genetici aveva degli autoanticorpi contro gli interferoni di tipo primo che ne bloccavano l’attività lasciando il virus libero di replicarsi”.
Si tratta di osservazioni destinate a ripercuotersi sulla terapia con il ricorso per esempio, in una fase molto precoce della malattia, agli interferoni nei pazienti incapaci di produrli o con interventi che permettano di eliminare gli anticorpi contro gli interferoni nei pazienti che li presentano.

LA LEZIONE IMPARATA DALLE ISTITUZIONI E L’ESEMPIO AUSTRALIANO DA SEGUIRE
A tirare il bilancio di un anno di pandemia in occasione del congresso è Walter RICCIARDI, Ordinario di Igiene all’Università Cattolica di Roma, che cerca anche di individuare cosa hanno appreso istituzioni, politici e clinici e che suggerisce la strada da seguire per uscire dalla pandemia.
“Le istituzioni internazionali, in primo luogo l’OMS e la commissione Europea, hanno sicuramente imparato a essere più rapide, più trasparenti e meno burocratiche – sottolinea RICCIARDI -: la lezione del Covid le ha stimolate a cercare di capire come muoversi e oggi sono sicuramente molto più agili e molto più decisionali rispetto a prima della pandemia”.
Non tutti i politici escono bene da quest’anno. I migliori sono gli australiani i neozelandesi e gli orientali, mentre molti politici europei non si sono rivelati all’altezza. Dai politici australiani e neozelandesi dovremmo imparare la strada per tornare alla normalità.
“Per prima cosa hanno promosso un grande coinvolgimento della popolazione, hanno spiegato la strategia che intendevano adottare dopo di che hanno fatto un grande lockdown per un periodo di tempo limitato. Una volta azzerato il virus – ricorda RICCIARDI – hanno riaperto gradualmente, ma ponendo estrema attenzione a identificare precocemente tutti i casi in maniera tale da poterli isolare. Si è trattato di non farsi “scappare” più il virus grazie a una strategia di tracciamento molto rigorosa. Ovviamente hanno anche bloccato i confini. Grazie a questo approccio sono stati in grado di tornare alla normalità anche prima della vaccinazione”.


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