Economia, un secondo lockdown sarebbe mortale

«Un secondo lockdown sarebbe mortale e a Roma lo sanno bene: i costi economici e sociali sarebbero molto superiori a quelli necessari per curare le persone che dovessero ammalarsi». Il presidente di CNA Udine, Luca Tropina, ha aperto così il primo incontro della decima edizione della rassegna “Economia sotto l’Ombrellone” organizzata dall’agenzia di comunicazione Eo Ipso e in svolgimento a Lignano Sabbiadoro (UD). Una preoccupazione, quella di Tropina, condivisa anche dagli altri due relatori della serata: il creatore di paralumi e lampade, Michael Genovese, titolare dell’azienda artigiana udinese Abat-Juor, e il titolare della Sartoria Chiussi, fondata a Udine 152 anni fa, Giorgio Chiussi.

Durante l’incontro, dedicato a “La ripartenza dell’artigianato e delle Pmi”, i tre relatori hanno analizzato la situazione del settore artigiano e delle piccole e medie imprese friulane e nazionali, i cambiamenti indotti dal periodo pandemico, gli interventi che sarebbero necessari e le prospettive che si aprono per i prossimi mesi.

«La situazione – ha spiegato Tropina – è stata differenziata a seconda delle imprese. Per quanto riguarda CNA circa il 66% delle aziende ha dovuto fermarsi durante il lockdown, mentre altre hanno potuto continuare a lavorare. Fra chi si è fermato, la sofferenza è stata generalizzata anche se in alcuni settori, come ad esempio, il commercio, la ristorazione e il turismo la situazione è stata peggiore e, purtroppo, non sono poche le aziende che hanno deciso di non riaprire. Al momento, tanti stanno ancora navigando a vista perché non sanno cosa possa aspettarli visto che il problema del contagio non è superato. Nel frattempo, i consorzi di garanzia fidi delle varie categorie hanno visto quadruplicare il numero di domande rispetto a periodi normali. Purtroppo, tutto ciò è dovuto anche a una risposta molto disordinata fornita dalla Pubblica Amministrazione con bonus e aiuti dati in tempi diversi. Le associazioni di categoria di tutti i settori hanno provato ad aiutare gli associati al meglio, ma il sistema ideato dal Governo è stato talmente farraginoso che non sempre ci sono riuscite come auspicato».

Da parte sua, Genovese ha sottolineato come si aspettasse una ripartenza molto più “tragica”, mentre è rimasto piacevolmente sorpreso e oggi è «fra gli artigiani che guardano con molta positività al futuro. Riscontro, infatti – ha aggiunto -, una forte voglia nelle persone di rinnovarsi e rinnovare le proprie abitazioni, ricercando il bello e i prodotti artigiani di qualità. Credo che la nostra missione in questo periodo sia anche quella di stimolare e supportare questa voglia di ritorno al bello e ai prodotti ben fatti. Certo, la pandemia ha sottolineato ancora una volta come fare impresa in Italia, a tutti i livelli, sia un atto quasi eroico. Ci saremmo aspettati che chi ha scelto di rimanere a realizzare un’attività in Italia, creando economia e lavoro, fosse se non premiato, almeno aiutato e tutelato, ma non è stato così. Dalle istituzioni è arrivata una risposta confusionaria, complicata e non egualmente attenta a tutti i settori e a tutti i tipi di aziende».

Chiussi, che ha registrato la perdita del 40% di fatturato durante il lockdown, è rimasto però «enormemente sorpreso» nel vedere come dal 18 maggio, giorno della riapertura, «il lavoro è ripreso come se non avessimo mai chiuso, anche se con una notevole differenza: prima gran parte dei clienti chiedeva vestiti nuovi, oggi si vuole la rimessa a modello di vestiti acquistati negli anni scorsi. Il vero problema – ha continuato – non è dunque la mancanza di un mercato, quanto il fatto che è venuto meno il sostegno da parte delle istituzioni. Ci sarebbe voluto un sistema semplice, come quello adottato in Germania o negli Usa, grazie al quale le aziende costrette a chiudere si sono trovate delle cifre, commisurate al fatturato, inviate dallo Stato o dalle Regioni direttamente sul conto corrente senza dover stare dietro a tante domande, richieste di bonus o di prestiti bancari come è successo da noi».

Il lockdown ha però stimolato la voglia di esplorare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie e dall’e-commerce che possono diventare utili anche alle piccole aziende artigiane per trovare nuova clientela, farsi conoscere e anche instaurare rapporti di collaborazione. Proprio la collaborazione fra artigiani e aziende è stata, poi, indicata dai partecipanti all’incontro come una delle necessità per il futuro perché «solo collaborando – hanno detto i relatori – le piccole e piccolissime aziende possono trovare la forza per superare momenti cosi difficili come quelli che stiamo vivendo».

In conclusione, Genovese ha lanciato un appello a riattivare i voucher o un sistema analogo che permetta alle piccole aziende di assumere persone attualmente prive di lavoro per far fronte ai picchi di domanda e, al contempo, poter trasmettere a molti giovani le proprie esperienze e la propria arte.

 


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