Epatite C, correlazioni con la tossicodipendenza

È in corso in queste ore a Vienna, dal 2 al 6 Marzo 2020, la 63a Sessione Regolare della Commissione delle Nazioni Unite sulle droghe, Commission on Narcotic Drugs (CND), che affronta il tema delle patologie indotte dall’uso di sostanze stupefacenti nel mondo. Ieri, protagonista l’Italia, con la sessione organizzata dal Governo su iniziativa di SIPaD, la Società Italiana Patologie da Dipendenza, in collaborazione con SIMIT – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, dedicata alle cause, agli effetti e all’impegno contro l’Epatite C.

UN VIRUS CHE PUO’ ESSERE SCONFITTO: LA LOTTA ALL’EPATITE C TRA RISULTATI RAGGIUNTI E PROSPETTIVE FUTURE – Secondo l’OMS, a livello mondiale sono circa 130-150 milioni i portatori cronici del virus dell’epatite C e tra le 300mila e le 500mila le persone che muoiono ogni anno per malattie epatiche correlate a questo virus. Oggi però esistono terapie in grado di eradicare il virus in maniera definitiva, in tempi brevi e senza effetti collaterali. In Italia, nonostante l’elevato numero di pazienti trattati fino ad oggi (circa 210.000 – dati AIFA ad oggi) con i nuovi farmaci antivirali ad azione diretta ed i buoni risultati clinici ottenuti, per poter ambire all’obiettivo di eliminazione dell’HCV sono necessari ulteriori sforzi mirati a ottimizzare l’accesso ai farmaci in categorie a rischio. È necessario dunque attuare strategie di “case-finding” per scovare l’infezione in popolazioni ad alta prevalenza di HCV (che allo stesso tempo contribuiscono a mantenere attivo il “serbatoio” di malattia), quali i soggetti con consumo attivo o pregresso di sostanze stupefacenti e i detenuti.

CIRCA 470mila I PAZIENTI IN ATTESA ESSERE TRATTATI –  Un recente lavoro presentato durante il Congresso dell’American Association on Liver Disease (AASLD 8-12 novembre 2019) ha stimato in Italia a Gennaio 2018 una prevalenza di soggetti HCV positivi pari a 469.932 non ancora trattati, di cui 172.680 soggetti che fanno uso di droghe per via iniettiva. L’assunzione di sostanze stupefacenti rappresenta dunque uno dei problemi di fondamentale impatto sulla salute pubblica, in considerazione delle conseguenze a carico di ogni consumatore e dell’intero contesto sociale. Finora si è concretizzata una rete efficace tra i reparti di malattie infettive e i SerD – Servizi per le Dipendenze territoriali per attuare campagne di screening e per assicurare il trattamento dei PWID (People Who Inject Drugs). Nel nostro Paese i SerD hanno svolto un importante lavoro in ambito preventivo nei confronti delle patologie infettive, ma risulta indispensabile incrementare le attività di screening delle principali patologie infettive tra gli utenti dei SerD attraverso efficaci procedure di offerta dei test nell’ambito di un più ampio e articolato spettro di azioni di informazione, sensibilizzazione e prevenzione rivolto anche alla popolazione generale.

IL RUOLO DEI SerD Per favorire la ricerca del cosiddetto “sommerso”, ossia di quei pazienti affetti dalla malattia ma ignari della propria situazione, è fondamentale andare nei serbatoi del virus, come i SerD e le carceri – afferma Marcello Tavio Presidente SIMIT – Ed è quello a cui daremo seguito  nel medio termine, anche grazie al decreto Milleproroghe e ai fondi messi a disposizione per gli screening della popolazione“.


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