Essere Mamma Oggi, una scelta importante ancora tra paure e scarsa conoscenza: questo lo scenario emerso dall’indagine commissionata da IVI – Istituto Valenciano per l’Infertilità – e condotta da Ixè sul tema dell’infertilità, della fecondazione assistita e della genitorialità. L’indagine è stata presentata questa mattina durante la Tavola Rotonda IVI “Essere Mamma Oggi”, che ha offerto l’occasione per fare il punto su come sia cambiata la figura della donna e della mamma rispetto al passato, su come oggi una donna sia libera di scegliere se e come essere madre, sebbene debba mettere in conto difficoltà sia dal punto di vista economico e sociale, sia organizzativo e gestionale, fino alle problematiche legate all’infertilità dovuta all’avanzamento dell’età in cui si cerca il primo figlio.
L’indagine è stata condotta su un campione rappresentativo di 600 persone composto da uomini e donne dai 25 ai 44 anni di età. I risultati emersi hanno portato a interessanti conclusioni, a volte allarmanti: come la scarsa conoscenza delle malattie sessualmente trasmissibili quale causa di infertilità, o il dato da cui emerge che ben il 17% degli intervistati (quasi 2 persone su 10) ritiene che la fertilità della donna inizi a ridursi dai 46 ai 50 anni e un ulteriore 11% (in misura superiore gli uomini) dopo i 50 anni. In realtà la fertilità inizia a ridursi dopo i 30 anni, con un calo importante già dopo i 35.
In caso di difficoltà a concepire un figlio, il 49% degli intervistati sceglierebbe l’adozione mentre il 48% la fecondazione assistita. Chi ancora non ha avuto figli indica, in misura superiore alla media, la fecondazione assistita, chi ha già figli preferirebbe, in misura superiore, l’adozione. Tra coloro che ipotizzerebbero il ricorso alla fecondazione assistita, il 37% accetterebbe anche la donazione eterologa, soprattutto le donne, più degli uomini, e i 25-29enni.
In merito al tema molto attuale del social freezing, la crioconservazione di ovociti con l’obiettivo di preservare nel tempo la fertilità di una donna per motivi sociali, solo il 17% degli intervistati sa che vi si può accedere anche nel nostro Paese, il 37% non sa se si pratichi in Italia e il 20% crede che qui non sia consentita. Il 23% degli intervistati vede positivamente il ricorso alla crioconservazione degli ovociti per motivi professionali, soprattutto i più giovani, ma la motivazione prevalentemente indicata è legata alle terapie che potrebbero portare alla sterilità.
Inoltre, nel caso in cui una donna abbia crioconservato i suoi ovociti e a distanza di tempo li voglia utilizzare per diventare madre, il 52% ritiene che debba essere libera di farlo in qualunque momento e a prescindere da qualsiasi valutazione familiare o sociale, mentre una percentuale tra il 10% ed il 20% circa pone alcune condizioni quali salute, età e stabilità di coppia.
Complessivamente la crioconservazione, anche nello specifico del social freezing, è considerata dai più una scelta non egoista, indolore e sicura sia per il nascituro che per la madre ma costosa e innaturale.
“Oggi, attraverso il social freezing una donna può avere una opportunità in più se decide di procrastinare la maternità per motivi professionali o personali o magari semplicemente perché non ha ancora un compagno con cui condividere progetti di vita – commenta la Dottoressa Daniela Galliano, Direttrice del Centro IVI di Roma – I dati dell’indagine, come del resto la pratica clinica, mostrano come si tratti di un fenomeno ancora poco conosciuto in Italia ma l’atteggiamento di apertura che è emerso rappresenta un segnale incoraggiante.”
Attraverso l’indagine, gli intervistati hanno risposto anche sulle paure rispetto alla genitorialità: al primo posto si colloca la questione economica, cui si sommano risposte relative al lavoro, sul come trovarlo e mantenerlo. L’altro aspetto incidente è di natura personale, ovvero insicurezze relative alle proprie capacità di crescere un figlio. I limiti alla carriera sono riportati solo dal 6% dei 25-44enni, in particolare da chi ha già figli e ne desidera altri.
Le paure e le insicurezze della maternità possono diventare un incubo concreto per alcune donne però, e lo sa bene l’Associazione Salvamamme che ha partecipato alla Tavola Rotonda per portare la testimonianza di questa difficile realtà. Salvamamme infatti opera da oltre vent’anni intervenendo nei momenti dell’abbandono e della solitudine delle persone in condizioni di grave disagio economico e di emarginazione sociale, fornendo aiuti concreti e supporto in ambito sanitario, psicologico, legale, logistico, ludico, pedagogico e formativo.
“Sono migliaia le mamme e le famiglie che ricevono aiuto dalla nostra associazione – ha dichiarato Katia Pacelli, Direttrice di Salvamamme – Il primo passo per avviare un rapporto e accogliere chi è in difficoltà è rappresentato dalla donazione di beni di prima necessità, che vengono offerti non solo nel pieno rispetto della dignità di quanti, forse per la prima volta nella vita, si sono trovati a chiedere, ma ancor più come una spinta per chi lo riceve a risollevarsi, per accendere una speranza e incoraggiare la volontà di farcela”.
In occasione della Tavola Rotonda, IVI ha voluto sostenere l’Associazione Salvamamme con una donazione per supportare le donne in difficoltà non solo nel momento della ricerca della maternità.
All’evento ha partecipato anche l’attrice Camilla Filippi, che ha contribuito al dibattito con la sua esperienza personale di mamma e con quella di attrice, grazie alla sua interpretazione del ruolo materno in diverse occasioni. L’attrice ha commosso i partecipanti con la lettura della poesia “A tutte le donne” di Alda Merini, un racconto in versi della condizione femminile che la poetessa dei navigli scrisse per rammentare a tutti noi quanto la donna sia sempre in bilico tra l’essere “un granello di sabbia” e la madre di tutto, un omaggio a tutte le donne divise tra fragilità e grande forza.