Vaccini e pertosse: occorre mantenere alta la guardia

LA LEGGE SUI VACCINI – I vaccini sono certamente tra i prodotti farmaceutici più controllati e sicuri attualmente in uso. Nonostante ciò campagne denigratorie, come quella basata sulla possibile relazione con l’autismo, che è risultata dopo rigorose verifiche scientifiche essere fondata su dati completamente falsi e volutamente falsificati, continuano ad essere alimentate, creando grande confusione e alimentando una pericolosa ed ingiustificata insicurezza in alcune famiglie. La decisione di rendere obbligatori per legge dieci vaccini per l’infanzia è stata dettata dall’amara evidenza che nel nostro paese le soglie di copertura vaccinale richieste dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalle Agenzie Sanitarie Europee erano ben lontane dall’essere raggiunte e che il trend era addirittura in molti casi pericolosamente in discesa.

CROLLO VACCINAZIONI – La copertura vaccinale per morbillo, parotite e rosolia, che era progressivamente aumentata dal 2000 al 2010, fino a raggiungere il 91%, è negli anni successivi crollata fino a raggiungere una media nazionale dell’85%. Ci si è trovati quindi di fronte a una pericolosa deriva verso risultati da terzo mondo. E questo in una realtà globalizzata, in cui l’intensificarsi dei viaggi in aereo permette il rapido trasporto da grandi distanze di agenti infettivi e i fenomeni migratori hanno cambiato il tessuto delle popolazioni. La via maestra per ottenere le coperture vaccinali necessarie, che passa per un’adesione vasta, volontaria e consapevole richiede un lungo percorso e l’investimento di importanti risorse umane e materiali. Rispetto al passato, inoltre, la disinformazione anti-vaccinale può oggi far danno e creare confusione attraverso un uso spregiudicato di internet. L’unica alternativa possibile è stata quindi un intervento legislativo di sanità pubblica, che ha ripristinato l’obbligatorietà di quattro vaccinazioni, già obbligatorie fino al 1999 (anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B), estendendola ad altre sei (anti-pertosse, anti-Haemophilus influenzae tipo b, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella).Questo intervento è volto a conseguire la così detta immunità di gregge, cioè una copertura vaccinale che impedisca ai virus o ai batteri bersaglio delle vaccinazioni di continuare a circolare perché i bambini che possono attaccare sono diventati troppo pochi perché si possa verificare il passaggio da un bambino all’altro. In altre parole, per creare una barriera di soggetti immuni che, oltre a non ammalarsi, proteggano i bambini portatori di malattie che impediscano di vaccinarli o che li rendono incapaci di rispondere ai vaccini, dal rischio di ammalarsi.

L’IMPORTANZA DEI RICHIAMI – Nei nuovi nati, la copertura necessaria a conseguire l’immunità di gregge per difterite, pertosse, poliomielite, Haemophilus influenzae tipo b, epatite B, morbillo, parotite, rosolia e varicella è del 95%. Va ricordato che tranne che per le vaccinazioni anti Haemophilus influenzae tipo b e epatite B, per cui sono previste solo tre dosi di vaccino, rispettivamente al 3°,5° e 11° mese di vita, per tutte le altre sono previsti richiami successivi. È il caso ad esempio del vaccino per la pertosse, una malattia causata da un batterio, Bordetella pertussis. Dal 1980 al 2016 i casi di pertosse per merito del vaccini sono calati, secondo le stime dell’organizzazione Mondiale della Sanità, da due milioni a meno di 140.000.

LA COPERTURA VACCINALE E IL CASO DI BERGAMO – La copertura vaccinale stimata nel mondo nel 2016, sempre secondo l’OMS, era del’86%, in Italia nei bambini di 24 mesi di età del 93,55 %, ancora sotto alla soglia richiesta, per poi salire fino quasi a toccarla (94,56%) nel 2017. Maglie nere la provincia autonoma di Bolzano, con uno sconcertante 85,76 %, il Friuli-Venezia Giulia, con 90,5% e la Sicilia con 91,33%. Ancora nel 2008 l’OMS stimava in 89.000 i decessi per pertosse, quasi tutti in bambini molto piccoli. Come i due neonatini morti di pertosse nei giorni scorsi a Bergamo, troppo piccoli per essere vaccinati e verosimilmente esposti a qualcuno che vaccinato non era. Va ricordato che l’immunità conferita dal vaccino anti pertosse non è permanente e che è prevista una dose di richiamo ogni 10 anni, da raccomandare in particolare alle donne in età fertile che intendono fare figli, poiché gli anticorpi materni, passando per la placenta durante la gravidanza, vengono trasferiti al bambino e lo proteggono nei primi mesi di vita. Per il tetano è necessario un ulteriore discorso a parte. A differenza delle altre malattie prevenibili mediante vaccini, il tetano non è una malattia a trasmissione interumana. Non vale pertanto in questo caso l’immunità di gregge. Poiché le spore tetaniche sono ubiquitarie e resistono nell’ambiente per tempi lunghissimi, la possibilità di venirne a contatto anche in caso di ferite di modesta entità non può essere esclusa. Non disporre personalmente di una copertura antitetanica è un po’ come andare in motorino senza casco, rinunciando ad avere, o a dare al proprio figlio, una protezione a cui è da irresponsabili rinunciare.

Per quattro vaccinazioni obbligatorie (anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella), la legge in vigore ha previsto una rivalutazione dell’obbligatorietà successiva al raggiungimento delle soglie di copertura. L’interrogativo per cui non è disponibile una risposta validata scientificamente è quanto a lungo, ossia dopo quanti anni di copertura soddisfacente e con il conforto di quali indicatori di adesione spontanea ai vaccini e di condivisione della loro utilità da parte della popolazione si possa pensare di tornare alla vaccinazione volontaria, confidando che le coperture vengano mantenute. Anche perché virus e batteri non sono disponibili a scendere a patti ed ad accontentarsi dei forse e dei probabilmente.

IL GIAPPONE E IL MORBILLO – Un caso che abbiamo recentemente citato è quello del Giappone, un paese ad elevata coscienza vaccinale che era stato dichiarato libero dal morbillo nel marzo 2015, dopo 36 mesi consecutivi senza alcuna trasmissione dell’infezione all’interno del Paese e in cui la copertura vaccinale nei bambini è da anni superiore al 95%. In un mondo globalizzato come l’attuale è bastato un solo viaggiatore che si è ammalato di morbillo fuori dal paese perché al suo ritorno in Giappone venisse innescata un’epidemia che ha interessato 161 persone. L’età media delle quali, 29 anni, rivela il persistere anche in Giappone di un numero significativo di persone ne vaccinate, ne naturalmente immunizzate contro il virus. Niente di diverso da questo punto di vista rispetto all’Italia, ove l’età media dei casi di morbillo verificatisi quest’anno è stata 25 anni. Da noi però i casi al 30 giugno sono stati ben 2029, con 4 morti e 87 casi tra operatori sanitari, che avrebbero dovuto essere assolutamente vaccinati sia per protezione personale, sia per garanzia dei pazienti ad essi affidati. Dati che dimostrano quanto il nostro paese sia lontano dal poter abbassare la guardia. Del resto, pare che molti abbiano la memoria un po’ corta. Nel 1999, quando fu abolita la obbligatorietà della vaccinazione anti-morbillo, la copertura raggiunta era solo del 70% circa, ma la caduta dei casi che si era verificata aveva portato a un poco giustificato ottimismo. Nel 2002-2003 infatti si sono contati oltre 20.000 casi di morbillo, una vera e propria epidemia con epicentro in Campania, che ha comportato oltre 3.000 ricoveri ospedalieri, solo un migliaio dei quali in bambini sotto i 5 anni d’età. Un’epidemia che si stima sia costata, oltre alle sofferenze dei colpiti, 22 milioni di euro alle casse dello Stato.

ULTIME CONSIDERAZIONI – I dati disponibili e le evidenze scientifiche spingono quindi a consolidare, ampliare e mantenere la copertura vaccinale, valutando anche interventi sulla popolazione adulta priva di copertura , in particolare le donne in età fertile egli operatori sanitari. Vanno anche considerati provvedimenti volti a potenziare le strutture per l’erogazione delle vaccinazioni, per le quali, soprattutto per quanto riguarda le vaccinazioni degli adulti, vengono spesso segnalate carenze.

Approfondimento del Prof Massimo Galli, Presidente SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali


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