Oltre la metà dei bambini e bambine italiani di 6-10 anni usa abitualmente la rete

Bambine e bambini accedono ad internet in età sempre più precoce, le ragazze in particolare mostrano buone competenze digitali anche lievemente più alte rispetto ai loro coetanei maschi eppure scelgono raramente facoltà tecnico-scientifiche all’Università. È quanto emerge dall’indagine di Save the Children “Che genere di tecnologie? Ragazze e digitale tra opportunità e rischi”, diffusa oggi alla vigilia del Safer Internet Day, dall’Organizzazione internazionale che lotta dal 1919 per salvare i bambini e dare loro un futuro.

L’indagine, che parte tra l’altro da un’esclusiva elaborazione di dati realizzata da Istat per Save the Children, analizza una generazione di bambine e bambini cresciuta utilizzando la rete pressocchè quotidianamente e considerando il web un vero e proprio spazio di socializzazione e conferma come l’accesso ad Internet di bambine e bambini avvenga in età sempre più giovane. Proprio nella fascia 6-10 anni, infatti, i bambini usano la connessione da casa nel 54% dei casi, le bambine nel 53%, percentuale che sale con il crescere dell’età, per aver il suo apice tra i 15 e i 17 anni, con rispettivamente il 93,5% delle ragazze e il 94,2% dei ragazzi connessi.

Il 94,1% delle famiglie con almeno un minore di 18 anni, in Italia, dispone di una connessione da casa, anche se sono presenti differenze tra le diverse aree del Paese che sottolineano si l’esistenza di un digital divide, benchè non troppo pronunciato. Si passa infatti dal 96,4% di famiglie con accesso ad Internet Nel Nord-Ovest (95,5% Nord-Est), passando per il 95,3% al Centro, fino a arrivare al 90% al Sud e al 93,5% delle Isole. Ma il divario si accentua soprattutto per le bambine e le ragazze, che accedono ad Internet in percentuale minore al Sud (75,5%) rispetto, ad esempio, al Nord Ovest (85,8%) con una differenza di 10,3 punti percentuali.

“L’indagine di Save the Children intende essere un primo passo per approfondire anche gli ostacoli e i rischi che potrebbero frenare i processi di empowerment delle ragazze, mettendo a fuoco il ruolo che le tecnologie potrebbero avere nel rafforzare o meno gli stereotipi di genere e indagando il fenomeno della violenza tra pari e della violenza di genere nelle relazioni online”, dichiara Raffaela Milano, Direttrice programmi Italia-Europa di Save the Children.

Nella ricerca, viene infatti sottolineato come spesso gli ambienti mediali, specchio della società, non siano neutri rispetto al genere e siano connessi a preesistenti stereotipi e disuguaglianze, anche di genere.

 

Tra competenze e accesso all’istruzione

Due ragazze su 5 (44,6%) tra i 15 e i 17 anni, caricano contenuti di propria creazione come testi, fotografie, musica, video su siti web rispetto al 41% dei coetanei maschi. Uno scarto che, benchè non ampissimo, si conserva in tutte le fasce d’età tra i 6 e i 24 anni. L’indagine fa emergere una maggiore attività di bambine e ragazze anche per quanto riguarda la consultazione e le informazioni online[5]: il 62,3% “consulta un wiki per ottenere informazioni su un qualsiasi argomento” rispetto al 56,4% di bambini e ragazzi. Percentuale che tra gli 11 e i 14 anni sale al 64% per le ragazze a fronte di un 54,2% dei ragazzi, con una differenza di quasi il 10%.

Dai dati sugli acquisti e le operazioni economiche online negli ultimi 3 mesi da parte dei giovani[6], emerge che il 21,4% delle ragazze e il 25% dei ragazzi ha ordinato prodotti o servizi online. Mentre le ragazze dai 15 ai 17 anni acquistano maggiormente libri, giornali, riviste e materiale per la formazione (il 39,9% rispetto al 15,4% dei ragazzi), così come film, musica e biglietti per spettacoli (il 27% rispetto al 23,4% dei ragazzi); i coetanei maschi preferiscono i prodotti di informatica e tecnologia (il 59,7% rispetto al 21,8% delle ragazze).

In termini di competenze digitali, le ragazze spesso superano, anche se con una differenza minima, quelle dei loro coetanei maschi. I dati, infatti, evidenziano come tra ragazzi e ragazze che hanno usato Internet negli ultimi 3 mesi, proprio queste ultime, mostrino competenze digitali base (40,5%) e alte (39,6%) in misura maggiore dei loro coetanei maschi (37% e 36,3%). In particolare, mostrano maggiori competenze specifiche alte rispetto ai ragazzi: information skill (il 65,4% rispetto al 61,6% dei ragazzi); comunication skill (il 86,6% rispetto al 79% dei ragazzi); problem solving skill (il 61,4% rispetto al 56,6% dei ragazzi); software skill for content manipulation (il 65,2% rispetto al 61,7% dei ragazzi)[7].

Eppure i dati sull’accesso delle ragazze a percorsi di studio e professionali nelle materie tecnico-scientifiche ci restituiscono un quadro diverso. Dall’ultimo Rapporto Education at a glance 2017[8], emerge che mentre le studentesse che scelgono le materie scientifiche sono il 60% dei laureati in Scienze naturali, Matematica, Statistica, le percentuali diminuiscono sensibilmente per la laurea in Ingegneria (31% delle lauree triennali e 27% nella laurea magistrale) e ulteriormente per la laurea in ICT (Information and Communication Technology), dove il 21% delle ragazze consegue la laurea triennale e solo il 14% la laurea di secondo livello. A parità di altre condizioni e a partire dalle buone competenze digitali delle ragazze in Italia, una delle cause del divario nei percorsi di studio e potenzialmente professionali in ambito tecnico-scientifico, può essere ricondotta al fatto che le scelte formative sono ancora influenzate da stereotipi di genere, che attengono alla dimensione simbolica dei talenti considerati innati in uomini e donne.

“E’ necessario prevedere programmi atti a valorizzare e dare continuità agli interessi e alla formazione delle ragazze nelle materie tecnico-scientifiche, al fine di renderle protagoniste attive dell’innovazione tecnologica in atto. Un ulteriore ostacolo alla possibilità di fruire appieno delle opportunità offerte dalle tecnologie digitali e che merita di essere approfondito è rappresentato dalla dimensione della violenza che le ragazze sperimentano online” prosegue Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

L’Organizzazione inoltre, sottolinea come anche negli scorsi anni erano emersi dati significativi che sottolineano come la quasi totalità delle ragazze possieda uno smartphone e sia attiva sui social network più dei coetanei maschi[9]. Anche nella condivisione di foto o video personali sui profili, si registra una maggiore attività da parte delle ragazze. A molte di loro è capitato di leggere commenti violenti sui social o sulle chat che frequentano e di ricevere da individui conosciuti sul web, video o immagini particolarmente violenti che le hanno messe a disagio[10]. Inoltre, inviare o ricevere messaggi con riferimenti sessuali è ritenuto dalle ragazze, un comportamento diffuso tra gli amici come è frequente è anche l’invio di “video/immagini/attivare la webcam seminudi, nudi per ricevere regali, come ad esempio ricariche telefoniche”[11].

La bassa percezione del rischio online è sottolineata anche dal fatto che per alcune di loro sia sempre sicuro condividere materiale intimo in una cerchia ristretta “perché lo fanno tutti”.

 

Esposizione al rischio e alla violenza

Dall’indagine qualitativa di Save the Children[12] emerge che lo smartphone è lo strumento più utilizzato: c’è infatti chi afferma che “lo uso per tutto, tranne che per chiamare” e tra le ragazze c’è chi dichiara “non posso vivere senza”. Le ragazze hanno tutte almeno un account Whatsapp e uno Instagram, dei quali i genitori non sono sempre a conoscenza “e non lo devono sapere”; molte raccontano di essersi iscritte in modo autonomo e alcune falsificando l’età ove necessario (se si sono iscritte prima dei 13 anni). Non usano lo smartphone a scuola nelle ore di lezione, ma lo utilizzano nei momenti di ricreazione. La media di utilizzo è alta, soprattutto nel fine settimana. Per alcuni lo smartphone rimane acceso anche di notte, per quasi tutti l’ultimo accesso avviene prima di andare a dormire, per verificare le ultime notifiche.

Il mondo digitale è anche il luogo dove si sperimenta spesso per la prima volta la differenza e gli stereotipi di genere, ma le reazioni possono essere molto differenti: alcune ragazze non subiscono passivamente i modelli di genere affermando che “non esistono maschi e femmine, esistono le persone”; altre, invece, esprimono la percezione di una differenza quando riportano critiche e insulti rivolti a una ragazza che sono spesso legati al suo presunto o reale comportamento sessuale. Nella maggior parte dei casi, le ragazze raccontano forme di comportamenti che le espongono a qualche rischio per il semplice fatto di trovarsi online, non come effetto di una particolare “spregiudicatezza”. Dalle interviste, inoltre, emerge che le esperienze di esposizione al rischio delle ragazze sono spesso riconducibili a due tipologie: tentativi di adescamento e l’esposizione a insulti violenti, nella maggior parte dei casi connotati in termini sessisti. In generale, confidano di essere a conoscenza per esperienza riportata da amiche, di offese, molestie, forme di controllo e ricatto attraverso smartphone, chat, per lo più compiute da amici, conoscenti, ex ragazzi, principalmente attraverso la distribuzione non autorizzata a terze persone di immagini o materiali intimi per screditare, intimidire o isolare la ragazza.

Alla domanda su cosa farebbero o consiglierebbero di fare in caso di situazioni di violenza online, chiederebbero subito aiuto all’amica o una sorella o cugina più grande, mentre in un secondo momento, non in tutti i casi, parlerebbero con i propri genitori, anche se per alcune è inimmaginabile pensare di farlo, soprattutto se per esempio il problema è quello di venire ricattate per una foto o di vedere girare proprio foto intime online.

“Il fenomeno della violenza online presenta caratteristiche e confini estremamente mobili e sono pochi i dati presenti in letteratura. Per questo, serve garantire un monitoraggio che coinvolga anche scuole e famiglie per assicurare azioni di prevenzione e di risposta alla violenza online” conclude Raffaela Milano.

 


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