Milano, teatro Filodrammatici: UTOYA dal 9 al 14 gennaio

Utoyadi Edoardo Erba, regia di Serena Sinigaglia, torna a Milano, questa volta sul palco del Filodrammatici, dal 9 al 14 gennaio 2018.

L’isola di Utoya era la sede dello storico campeggio dei giovani socialdemocratici norvegesi: lì, il 22 luglio 2011, Breivik uccise 69 ragazzi, dopo aver fatto altre 8 vittime con un’autobomba a Oslo.

Lo spettacolo Utoya nasce dall’interesse di Serena Sinigaglia per il saggio “Il silenzio sugli innocenti” che Luca Mariani ha dedicato alle stragi di Oslo e di Utoya.

Questo interesse la porta a commissionare un testo a Edoardo Erba e a una sua nuova regia.

Utoya mette in scena la carneficina operata da Anders Breivik sull’isola norvegese, attraverso le testimonianze di tre coppie.

La prima coppia è formata da marito e moglie, lui un professore universitario socialista che ha obbligato la figlia adolescente ad andare a quel campeggio. La seconda è composta da due contadini, un fratello e una sorella, vicini di fattoria di Breivik. La terza ha come protagonisti due poliziotti di una piccola stazione vicina a Utoya

Sulla scena essenziale di Maria Spazzi (vincitrice del Premio Hystrio-Altre Muse 2017) –  una sorta di memoriale-cimitero, per ricordare i ragazzi morti, fatto di ceppi e lastre di vetro spezzate — si racconta la strage attraverso la vita di queste tre coppie, interpretate da Arianna Scommegna e Mattia Fabris, da cui emergono i lati inquietanti e contradditori della vicenda, e la presenza del male nella nostra società. Utoya, oltre al terrore e allo sgomento che producono accadimenti del genere, alimentando paura ed insicurezza, ci fa riflettere sulle ragioni per cui certe tragedie del nostro tempo si dileguano dai nostri ricordi in un tempo brevissimo.

 

Scrivere un testo su quanto è avvenuto a Utøya, in Norvegia, nel 2011 è un’impresa impegnativa. La riflessione su un avvenimento del genere sconcerta: è e non è contemporaneamente un gesto di follia. Non è un caso di occultamento dell’informazione, però lo è. “Quando da ragazzo aprivo il giornale, racconta Edoardo Erba, avevo una griglia, un po’ rozza ma funzionale, per classificare quel che succedeva. Pareva che alcune semplici categorie bastassero per inquadrare un avvenimento e consentissero di reagire. Dopo il 1989 il mondo è diventato molto più complicato e dopo il 2001 capire un evento è come entrare in un labirinto: il teatro può solo trovare personaggi in grado di percorrerlo e restituirlo attraverso la loro personalità e i loro rapporti. Per questo abbiamo scelto di osservare tre coppie coinvolte in modo diverso in quello che stava accadendo, in Norvegia, in quel terribile 22 luglio del 2011. Attraverso di loro ho spalancato una finestra di riflessione che, anche se non ci da’ tutto il filo per uscire da quel labirinto, almeno ne illumina alcune zone oscure con la luce della poesia”.


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