La meditazione, tipo mindfulness, non si limita a calmare la mente, ma sembra che influenzi anche il DNA di chi la pratica. Lo hanno trovato i ricercatori delle università di Coventry (Regno Unito) e Radboud (Paesi Bassi), che hanno condotto una prima revisione sistematica di alcuni studi sull’argomento.
Il team ha analizzato 18 studi clinici, elaborati in 11 anni, rilevando che fare meditazione, yoga o Tai Chi riduce l’attività dei geni associati con l’infiammazione, invertendo il danno molecolare causato dallo stress.
Meditare, utilizzando tecniche come la mindfulness è ampiamente affermato che protegge contro le malattie legate allo stress, dall’artrite alla demenza.
Ora, in un contesto in cui è più facile studiare la cellula, è emerso nella nuova ricerca, pubblicata su Frontiers in Immunology ( http://journal.frontiersin.org/article/10.3389/fimmu.2017.00670/full ) che i geni correlati all’infiammazione diventano meno attivi nelle persone che praticano la meditazione.
Quando una persona è esposta a un evento stressante, viene attivato il sistema nervoso simpatico, responsabile della risposta “combatti o fuggi”, che, a sua volta aumenta la produzione di una molecola chiamata NF- kB, che regola l’espressione dei geni.
NF-kB attiva i geni che producono delle proteine chiamate citochine, che causano infiammazione a livello cellulare, una reazione utile nel combattimento o fuga di breve durata, ma che, se persistente, porta ad un più alto rischio di cancro, ad invecchiamento accelerato e a disturbi psichiatrici, come la depressione.
La proteina NF-ĸB, ossia, agisce come uno switch nell’infiammazione.
L’infiammazione è una prima difesa dell’organismo contro le infezioni e le lesioni, ma può danneggiare il corpo, se è cronica.
Infatti, l’infiammazione cronica non solo è associata ad aumentato rischio di disturbi psichiatrici, ma è anche legata a malattie autoimmuni come l’asma e l’artrite, a malattie cardiovascolari, neurodegenerative e ad alcuni tipi di cancro.
Il nuovo studio dice che meditare, praticare yoga o Tai Chi, può contribuire a ridurre il rischio di sviluppare disturbi infiammatori e non solo psicologici.