Milano, 2 giugno, appuntamento con ‘Il fanciullino: l’arte lieve della gioia’

In una piana rifiorita con papaveri e fiordalisi, c’è una balera a cielo aperto con la musica dal vivo, una cena in mezzo all’erba e sotto il cielo, e uno spettacolo-evento in cui ci chiediamo se rimane qualcosa in noi di quel fanciullo visionario e pieno di meraviglia che siamo stati tutti un giorno.

APPUNTAMENTO IN PIAZZA CON IL FANCIULLINO | progetto territoriale.

La giornata del 2 giugno è uno degli esiti del progetto “Appuntamento in piazza con il fanciullino”, un progetto territoriale culturale con un taglio sociale legato alla periferia urbana, incentrato per questa sua prima edizione sul quartiere Chiesa Rossa – Boifava (Milano).

2 GIUGNO 2017

Festa della Repubblica di Fabio

La Piana / Piazza Fabio Chiesa – via Boifava, 17. Milano

 

 

ore 18.30balera a cielo aperto

con la musica dal vivo di Claudio Merli

 

possibilità di cenare a prezzi popolari

 

ore 21.30spettacolo/evento

Il fanciullino: l’arte lieve della gioia

 

a seguire DJ set

IL PROGETTO

I PRESUPPOSTI

E’ possibile capire come migliorare la vivibilità di una periferia, di un quartiere disagiato, attraverso gli strumenti della sociologia e dell’urbanistica. Ma noi riteniamo che sia possibile ricevere indicazioni in questa direzione, anche attraverso l’Arte, la narrazione, il video e la scrittura.

L’Arte è in grado di indagare l’emotività degli abitanti di un quartiere, elemento molto trascurato nell’analisi della popolazione.

L’Arte in fondo indaga i luoghi, le visioni e le ferite più profonde dell’anima. In questo senso è precisa nel riuscire a valutare l’indice di felicità possibile di un luogo. Il nostro progetto ambisce a fare questo. E ambisce anche a fare in modo che le visioni di ciascun abitante permangano nel tempo e siano nutrimento per pensieri, sentimenti e azioni future.

Ricucire un territorio con le persone che ci abitano.

Da questo auspicio siamo partiti per progettare.

 

AMBITO D’INTERVENTO

C’è una piazza a Milano, nella periferia sud,  che è il cuore di un  complesso di architettura brutalista costruito negli anni 70 e che gli abitanti del quartiere chiamano da sempre La Piana. Un complesso polifunzionale costruito per donare al quartiere un centro di aggregazione sociale: una biblioteca, un teatro, un ufficio comunale. E una piazza appunto. 6400 mq di asfalto. Rasa. Usata dagli abitanti perlopiù come scorciatoia.

Questa piazza negli anni 80 è stata il teatro di un vero e proprio sfregio al quartiere. E’ arrivata l’eroina e con l’eroina anche lo spaccio e la delinquenza. Questo ha impedito definitivamente che questa piazza divenisse un luogo d’incontro. E’ rimasta quella che era: una distesa di asfalto, un tappeto gigante grigio.

Doveva essere un’agorà, è diventata un deserto che d’estate s’incendia.

Eppure spazio vuoto è anche sinonimo di spazio da riempire.

Il nostro progetto punta a utilizzare questo “spazio vuoto” come punto d’attrazione di narrazioni legate all’infanzia degli abitanti del quartiere Boifava Chiesa-Rossa. Narrazioni emerse attraverso sollecitazioni autobiografiche. Che non vogliono tuttavia essere un generico amarcord.  Il nostro progetto trae ispirazione in particolare dal concetto di Fanciullino magistralmente espresso da Giovanni Pascoli.

Scrive Giovanni Pascoli:

“È dentro noi un fanciullino  che non solo ha brividi, (…) ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono (…) temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; (…) noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello.”

Perché abbiamo scelto questo particolare punto di vista per creare un progetto e una narrazione legata a questo quartiere e alla Piana?

Perché il fanciullino è quel bambino dentro di noi che guarda il mondo con l’ingenuità, l’innocenza e l’intelligenza proprie di quell’età; che si emoziona per motivi che non si possono comprendere con la sola ragione; che coglie somiglianze e legami nuovi e imprevisti fra le cose; che riversa la sua immaginazione in ogni oggetto reale trasformandolo in simbolo; che inventa parole capaci di trasmettere le sue incantate e incantevoli visioni. È un “fanciullo musico”, perché sa comprendere l’armonia che sta dentro alle cose. Il fanciullino è quel bambino dentro di noi che si rifiuta di porre l’attenzione solo su ciò che della nostra vita non va, ma che pone l’attenzione sui piccoli dettagli strabilianti. Il fanciullino è quel punto di vista dentro di noi che spesso non riusciamo ad ascoltare più e che invano reclama attenzione.

Il Fanciullino quindi è in grado di guardare questo quartiere dormitorio, questa piazza vuota, questa piazza brutale, come luogo da riempire, luogo in cui in far accadere delle cose, in cui “giocare”. Luogo in cui creare meraviglia e meravigliarsi.

 

Il progetto ha visto condurre un numero considerevole di “incontri/interviste” di “carattere emotivo” agli abitanti del quartiere Boifava-Chiesa Rossa, il cui tema è stato l’infanzia e lo sguardo del fanciullo.

Dalle interviste raccolte sono stati tratti materiali narrativi per la costruzione di:

1.      Uno spettacolo-evento site-specific interattivo che vede come autori gli abitanti del quartiere Chiesa Rossa-Boifava, ubicato nella piazza La Piana.

2.      Un film-documentario che documenti  tutte le fasi del progetto, creando però un prodotto artistico autosufficiente, riproducibile e indirizzabile ovunque.

3. Un documento di testo, che raccolga le narrazioni degli abitanti del quartiere Chiesa-Rossa Boifava.

L’obiettivo del progetto in questo senso è duplice: da un lato restituire un senso di appartenenza e di affezione a questo luogo da parte del quartiere, e della città, dall’altro creare un luogo aperto e innovativo di sperimentazione artistica, culturale e sociale, in grado di cambiare la propria pelle nel corso del tempo.

 

 

 

OBBIETTIVI PERSEGUITI

– Aiutare a far percepire, attraverso l’Arte,  un luogo di periferia disgregato, come luogo fertile a livello artistico e soprattutto a livello aggregativo.  Far accettare la storia negativa di un luogo, e far percepire quello spazio come una piattaforma creativa ideale per raccontare l’anima di un quartiere e dei suoi abitanti.

– Ricostruire l’identità di un quartiere in relazione ai suoi luoghi feriti, consentendo una maggior affiliazione. Suggerendo la possibilità di guardare uno spazio vuoto e brutale come uno spazio da riempire.

– Raccontare a chi non abita nel quartiere Boifava che è possibile una riqualificazione urbana anche attraverso l’uso dell’arte e della prassi autobiografica intendendo lo spazio non come contenitore vuoto ma come casa dell’anima delle persone che lo abitano

– Raccontare che è possibile indagare lo stato delle cose di una città e di un quartiere attraverso i suoi patrimoni immateriali: le storie delle persone. Non chiedendogli solo se sono per esempio soddisfatti della puntualità dei mezzi pubblici, ma anche se sono soddisfatti della loro vita, se la vita che conducono corrisponde a quella che sognavano da bambini, e capendo insieme quanto ancora si può fare per realizzare quei sogni

– La creazione di un evento performativo, un documentario e un libro che riescano a mappare la situazione “emotiva”, esistenziale e sociale del quartiere Chiesa Rossa-Boifava.

– Utilizzare tre strumenti creativi differenti (lo spettacolo, il documentario, il libro) per narrare la medesima storia con tre modalità creative differenti. Questo per poter raggiungere tre tipi di pubblico differenti e per operare  anche una sperimentazione artistica cross-mediale.

 

– La restituzione ad una comunità geografica di parte della sua ricchezza immateriale fatta dalle storie sommerse dei suoi singoli abitanti.

– Affiancare a una comunità geografica una comunità artistica e creare insieme un’  esperienza di teatro interattivo, in cui cittadini siano anche autori dell’opera artistica.

– Sollecitare il potenziale creativo di ciascun cittadino.

– Avviare con il Comune di Milano una riflessione su come questo format possa essere applicato ad altri contesti della città.

– Consegnare al Consiglio di Zona il concentrato dello stato delle cose  dei suoi abitanti, suggerendo che certe azioni possano essere rinnovate nel tempo.

– Consegnare ai gruppi che già operano nello studio de La piana (architetti, operatori teatrali, educatori) un punto di vista poetico e psicologico.

 


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