Da diversi mesi, infuria un dibattito tra gli Stati membri dell’Unione europea, l’industria e le ONG su glifosato, un pesticida,molto discusso, talora in modo contrastante.
Giovedi mattina, l’Europa avrebbe dovuto convalidare o meno l’estensione della vendita di questo erbicida. Il Comitato di esperti dei 28 Stati membri, riunito a Bruxelles, tuttavia è risultato ancora troppo diviso e non è nemmeno arrivato al voto.
Nei faccia a faccia tra i produttori del glifosato e le ONG che difendono l’ambiente e la salute, sono state prodotte relazioni scientifiche che si contraddicono.
Nel mese di marzo 2015, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, aveva detto che il glifosato è probabilmente un agente cancerogeno.
Un nuovo rapporto delle Nazioni Unite, che comprendono l’OMS,, lunedì scorso, pochi giorni prima del voto europeo, ha detto che è “improbabile” che il glifosato provochi il cancro negli esseri umani attraverso il cibo, denunciando il lavoro dello IARC che avrebbe ignorato decine di studi scientifici i quali sostengono che il glifosato non è rischioso per la salute umana.
Alcune ONG, tra cui Greenpeace, hanno controattaccato e denunciato, dicendo che gli esperti dell’ultima relazione sono collegati all’industria.
Per il gigante statunitense Monsanto primo al mondo per le sementi agricole, il glifosato rappresenta il 40% del suo fatturato, o, secondo i dati pubblicati dalle ONG, circa 1,8 miliardi di dollari. Ma Monsanto non è l’unico. Nella sola Europa, 400 aziende oggi dipendono dal glifosato. La riduzione dell’uso di erbicidi sarebbe un disastro economico, con un calo del 30% delle rese.