Il crepacuore esiste e non è così benigno come si è sempre creduto, ma uccide come l’infarto. A dirlo, uno studio fatto su 1750 pazienti in cui è stata confrontata la sindrome coronarica acuta con la sindrome di takotsubo, detta anche cardiomiopatia da stress o sindrome del cuore infranto.
Lo studio condotto dall’Istituto di Cardiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – Policlinico A. Gemelli di Roma, per giungere a queste conclusioni si è servito del Registro internazionale Takotsubo, un consorzio di 26 centri in Europa e negli Stati Uniti, che è stato istituito per studiare le caratteristiche cliniche, i fattori predittivi e prognostici di questa cardiomiopatia. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine.
E’ emerso che dei pazienti con cardiomiopatia di takotsubo, l’89,8% erano donne, con un’età media, di 66,8 anni. Tra i fattori che provocano il crepacuore, lo stress emotivo, ad esempio un lutto, o fisico, come un intervento chirurgico.
Rispetto a una sindrome coronarica acuta, il tasso dei disturbi neurologici o psichiatrici è più alto, secondo lo studio, tra i pazienti colpiti da cardiomiopatia da stress. I tassi di complicanze gravi in ospedale erano simili nei due gruppi.
La sindrome di takotsubo si manifesta con sintomi simili a quelli dell’infarto (dolore toracico, dispnea, alterazioni elettrocardiografiche e alterazioni degli enzimi di necrosi), ma negli esami clinici i pazienti colpiti non hanno occlusioni coronariche, mentre il cuore assume la forma di un palloncino e assomiglia al cestello che usano i giapponesi per raccogliere il polpo. Da qui il termine takotsubo (tako vuol dire polpo e tsubo cestello).
La sindrome fu descritta per la prima volta in Giappone, nel 1991.